LA GESTIONE DELLE FAKE NEWS AI TEMPI DI COVID-19

Di fake news si parlava già da anni, ma la disinformazione online e le sue implicazioni sono diventate un argomento di fondamentale importanza nel 2020 – ai tempi dell’isolamento casalingo e di quella grande incertezza che ci ha spinto a ricercare continuamente informazioni, soprattutto tramite i nostri smartphone. Se ne è parlato tanto, soprattutto per la natura della pandemia, evento tanto tragico quanto imprevisto e per giunta di portata mondiale.

A tal proposito l’Università Cattolica, in collaborazione con il Professor Razzante, ha organizzato un webinar con alcuni fra i maggiori stakeholder dell’informazione online e non, per fare luce sulle azioni messe in campo per la lotta alle fake news. Il panel era ricco di volti illustri, quali Antonio di Bella, direttore di Rai News, Daniele Manca, Vice direttore del Corriere della Sera, Daniele Chieffi, Direttore Comunicazione e PR del Dipartimento per l’innovazione e digitalizzazione della Presidenza del Consiglio, Angelo Mazzetti, Public policy manager di Facebook, e infine l’assessore alla trasformazione digitale del Comune di Milano Roberta Cocco. L’incontro virtuale è stato un’ottima occasione che ha permesso di conoscere le iniziative messe in campo dal settore dell’informazione italiano, e di ottenere spunti sulla gestione di un flusso di informazioni chiaro e corretto. 

Partiamo dall’inizio: «chi sono stati i broker dell’informazione nell’era del covid? Ed in che modo hanno guidato i flussi informativi?» A rispondere è stato il direttore Chieffi, che dirige la comunicazione a Palazzo Chigi. Mentre gli opinion leader – virologi, giornalisti, pubblici ufficiali – lavoravano per comunicare ai cittadini le corrette informazioni e fornire le raccomandazioni sui rischi, la nostra “fame di informazione” alimentata dal timore ci ha portato a legittimare a fonte di informazione quelle che in realtà erano mere opinioni, spesso provenienti da persone della nostra cerchia. Ciò ha innescato un moto di crisi dei flussi informativi, quanto meno nella prima parte del lockdown, in cui i cittadini erano esposti al maggior grado di incertezza. 

Analizzando le dinamiche informative delle prime settimane di lockdown il direttore Chieffi ha definito i cittadini “comunicativamente immunodepressi”. La prima fase della pandemia, la più tragica e delicata, che necessitava di un maggior controllo sul flusso informativo, è stata colpita da forte infodemia, circolazione di informazione in eccesso senza che vi fossero necessariamente fonti verificate. Ciò ha prodotto delle narrazioni autonome, estremamente pericolose e basate spesso su opinioni personali, con derive complottiste nei casi più estremi.  

Proprio per promuovere un flusso informativo corretto e limitare l’infodemia, il direttore Di Bella ha spiegato che la Rai ha istituito una task force composta da un comitato scientifico di virologi ed altri esperti in campo sanitario al fine di condividere, valutare, confermare o smentire le notizie relative a Covid-19 e alle nuove scoperte in ambito medico.

Sempre in quest’ottica, il Comune di Milano, come spiegato dall’assessore Cocco, ha messo a disposizione fin dalle prime settimane di lockdown un servizio di chatbot su Whasapp per rispondere alle richieste più frequenti dei cittadini giustamente disorientati dalla nuova realtà di isolamento domestico. L’applicazione è stata un successo: in soli 5 giorni era già stata utilizzata da 12.000 persone. Un ottimo servizio di informazione trasparente e di facile utilizzo attraverso la risorsa del digitale, per contrastare le fake news. 

Un terreno sicuramente più insidioso per la proliferazione di fake news è Facebook: a far luce sulle modalità di lotta alla disinformazione ci ha pensato Angelo Mazzetti, public policy manager del colosso digitale. Ci ha innanzitutto ricordato che Facebook non ha in alcun modo la pretesa di ergersi ad “arbitro della verità”, perché avrebbe una funzione di censura. Il social network si limita ad agire in una duplice prospettiva: limitare la disinformazione intenzionale pericolosa, e al contempo sostenere l’informazione accurata e di qualità.

L’azione della piattaforma, nello specifico, si declina sulla base di tre pilastri: assicurarsi che a tutti arrivino le informazioni accurate, sostenere gli esperti in campo sanitario e le istituzioni per far prevalere le loro opinioni nel mare magnum di informazioni, e fermare i contenuti pericolosi che potrebbero avere ripercussioni sulla vita reale. Non a caso il colosso digitale si è servito di un’estensiva rete di fact checker certificati, incaricati di controllare giorno dopo giorno la veridicità e l’affidabilità delle notizie condivise sulla piattaforma. Una stretta collaborazione con la Presidenza del Consiglio ed il Ministero della Salute ha permesso inoltre di costruire delle finestre visibili sulla home di ogni utente, con informazioni ufficiali sempre disponibili e raccomandazioni sulle misure anti-covid.

Un’importante riflessione sui risultati della lotta alla disinformazione viene dal vicedirettore del Corriere della Sera, il dott. Manca. L’Italia, che a differenza degli altri paesi Europei si è trovata per prima ad affrontare le conseguenze della pandemia, ha necessariamente fatto i conti con l’incertezza, che nella prima fase ha interessato anche i media. Ciononostante, la grande collaborazione fra istituzioni politiche, esperti sanitari, settore dell’informazione e i cittadini stessi ha permesso di veicolare messaggi trasparenti e disposizioni chiare, pur nell’assenza di certezze.

L’informazione di qualità è stata premiata e ad oggi possiamo dire che se lo status quo dell’emergenza sul territorio italiano è in continuo miglioramento, è anche grazie ad una corretta e pervasiva attività di comunicazione che ha influito sul comportamento dei cittadini.

Lucrezia Mozzanica