Sceglieresti di non avere più a disposizione app gratuite in cambio della totale assenza di inserzioni pubblicitarie?
Pochi giorni fa, diversi editori e agenzie pubblicitarie della Germania hanno intentato una causa contro Apple e la sua App Tracking Transparency, una nuova funzione introdotta in iOS 14.5 che sostanzialmente fa sì che, al momento dell’apertura di una nuova app, l’utente debba scegliere se permettere al suo sviluppatore di utilizzare i propri dati al fine di essere raggiunto da inserzioni pubblicitarie. Secondo l’accusa, ATT provocherebbe ai creatori di applicazioni una perdita economica talmente rilevante da obbligare un aumento di prezzo delle app e la resa a pagamento di quelle gratuite.
È chiaro che, nell’immaginario comune, l’insistenza delle pubblicità si configuri come un elemento di fastidiosa interruzione delle nostre attività quotidiane online e offline. Ma è anche vero che, con un po’ più razionalità e un po’ meno cinismo, risulta logico pensare a quanto in realtà le attività promozionali non facciano che aiutarci a trovare quello che cerchiamo – e cerchiamo sempre qualcosa; seppur rischiando di farci ingannare con false promesse, ma questo fa parte del gioco.
Assunto questo, ci si potrebbe chiedere se per i brand sia sufficiente contare solo sugli utenti che aderiscono alla seconda prospettiva, e probabilmente la risposta sarebbe negativa. Dunque, è ragionevole aspettarsi che una significativa quantità di utenti scelga di non permettere alle app che scaricherà di accedere ai propri dati a fini pubblicitari, nonostante – e questo, per quanto paradossale, rimane meritevole di comprensione – a quelle stesse app abbiano permesso l’esatto opposto prima di sapere che ci fosse la possibilità di opporsi, e nonostante nessuno abbia mai sollevato proteste in piazza o cessato di usare applicazioni mobile per un eccessivo stress pubblicitario.
Il CEO di Apple Tim Cook ha dichiarato che la rilevanza di questa possibilità per l’utente deriva anche dal fatto che «prima, nessuno glielo aveva mai chiesto». Tuttavia, nell’epoca del bombardamento informativo, risulta particolarmente faticoso accettare che la non consapevolezza delle dinamiche che governano ciò che consumiamo non rientri tra i doveri di chiunque.
Questo non significa che Apple deve aver congiurato contro i pubblicitari tedeschi per mettere le mani avanti contro eventuali inneggiamenti al complotto che attualmente vanno molto di moda, ma è plausibile ritenere che l’App Tracking Transparency possa contribuire a rafforzare una percezione della pubblicità che potremmo definire per certi versi distorta, che dà per scontato che si tratti di un intenzionale disturbo che sfrutta la nostra privacy per estorcerci denaro.
Sì, quando bastano cinque minuti di conversazione con il vicino di casa sul post-partum della moglie per far riempire Instagram di pubblicità di pannolini ci sentiamo tutti un po’ violati. Ma quanto è comodo poter semplicemente ripetere “Margherita” tre volte davanti al telefono per vederci apparire le migliori pizzerie della zona senza muovere un dito?