ZAPPING PER DIMENTICARE

Mentre il tasso di positività continuava a salire, gli italiani avrebbero voluto vedere un mondo ancora sereno, almeno sui loro schermi. Ma non sono stati accontentati.

Cosa si aspettavano i consumatori dagli spot pubblicitari del 2020? GlobalWebIndex ha condotto una ricerca per scoprirlo, confrontando diversi Paesi che la scorsa primavera convivevano con le restrizioni anti-Covid; tra questi, ovviamente, c’era l’Italia.

Secondo quanto emerso, la maggior parte di noi avrebbe desiderato che i brand realizzassero campagne pubblicitarie rappresentando persone, luoghi e situazioni di quella tanto attesa “normalità”, in pratica senza includere nelle varie scene e scenografie le limitazioni che eravamo/siamo tenuti a rispettare a causa dell’emergenza pandemica. Nessuna mascherina, nessun distanziamento sociale e niente che ci ricordasse il disagio, la paura e in troppi casi anche la sofferenza che il virus ci ha portato.

E invece, la stragrande maggioranza dei brand ha fatto esattamente l’opposto, diffondendo spot incentrati sull’importanza della coesione, del supporto reciproco, della speranza, della forza di volontà nel sopportare questo periodo nel rispetto delle previsioni governative.

«Anche quando non possiamo stare vicini, possiamo stare insieme»: così Vodafone ha promosso la sua Giga Network a fine marzo, realizzando uno spot composto da video di registi, professionisti e clienti in cui invitava a raccogliere fondi per la Croce Rossa. Bauli, invece, con la campagna #PasquaConITuoi ha offerto agli utenti la possibilità di inserire i propri videomessaggi di auguri ai parenti lontani nello spot che ha trasmesso durante il periodo pasquale. Star, ad aprile, con il gioco di parole «Star in famiglia, Star al tuo fianco» ha sottolineato la sua vicinanza alle famiglie italiane.

Anche le aziende dell’automotive si sono fatte sentire. Audi, all’inizio della quarantena di marzo, ha pubblicato un tweet in cui riproponeva i famosi quattro anelli del suo logo non più intrecciati ma distanziati, affermando: «Il futuro si costruisce nel presente. Per questo vi invitiamo a rimanere a casa oggi: per tornare domani a fare del mondo la vostra casa». Toyota, il mese successivo, ha voluto lanciare un forte messaggio di speranza con una campagna dal titolo Prepariamoci a rinascere, più preziosi e più forti, in cui alcune tra le più note icone sportive italiane sottolineavano l’importanza di continuare a confidare nel futuro nonostante la necessità di rimandare i propri progetti (nel loro caso, le Olimpiadi).

Ovviamente, i campioni della comunicazione non hanno tardato a esporsi. «Staying apart is the best way to stay united» è la frase che è comparsa nel billboard di Coca-Cola al centro nell’immensa Times Square, e che potrebbe rappresentare, per il brand, il giusto compromesso tra la necessità di trasmettere messaggi in linea con il periodo di emergenza e il suo tipico immaginario comunicativo di vicinanza e unione. Nike, infine, con lo slogan «Play inside, play for the world» ha dedicato il suo spot di aprile a tutti coloro che, nel rispetto delle restrizioni, praticavano sport tra le mura domestiche, favorendo quindi la riduzione dei contagi.

Insomma, che sia stato per strategia di marketing o per sincero impegno sociale, i brand avrebbero pronunciato le ultime parole che i consumatori volevano sentire. Eppure, le visualizzazioni e le condivisioni dei vari spot a tema lockdown sembrano indicare, in realtà, un certo apprezzamento da parte del pubblico. Sarà che, forse, l’emozione ci piace sempre, anche (o soprattutto) quando è amara?

Melissa Dello Monaco