FAKE NEWS: LA DISINFORMAZIONE CORRE E GLI ALGORITMI NON LA ARRESTANO

Le fake news si diffondono almeno sei volte più rapidamente rispetto alle notizie vere. Informazioni false o errate sono in grado di raggiungere e coinvolgere un bacino di utenti più ampio rispetto a notizie corrette.

Questo è il risultato emerso da uno studio del MIT, condotto su circa 126.000 notizie, retwittate da circa 3 milioni di utenti. Le fake news sono state in grado di diffondersi tra le 1.000 e le 100.000 persone, mentre quelle veritiere raggiungono poco più del migliaio. Questo fenomeno non riguarda solo Twitter, ma la disinformazione è alimentata da fake news anche su altri social, come Facebook e Instagram.

Nonostante esistano sistemi di intelligenza artificiale che analizzano i contenuti, la diffusione di notizie false sul Coronavirus continua imperterrita, con gravi ripercussioni a livello sociale.  

Le AI che effettuano i controlli sono “allenate” direttamente dalle segnalazioni degli utenti, che addestrano l’algoritmo a riconoscere le caratteristiche delle notizie false, per poterle bloccare quando le incontra. Non sempre, però, l’algoritmo è in grado di captarle e talvolta risulta fondamentale un successivo controllo umano. Chi diffonde falsità cerca spesso di aggirare l’algoritmo e realizzare contenuti che, pur essendo di natura cospirazionista, non violino le regole delle community. Ad esempio, Facebook rimuove notizie basate su fonti false, ma la pubblicazione di notizie smentite rimane lecita, se pur accompagnata da appositi banner che ne segnalano l’infondatezza. In ogni caso, è vero che i contenuti falsi sono rimossi, ma gli utenti non vengono espulsi e restano liberi di pubblicare nuovamente.

In secondo luogo, è difficile rimuovere contenuti che circolano in gruppi o chat private, proprio per il fatto che nessun utente segnala la falsità delle notizie.

Anche il fattore tempo gioca il suo ruolo. Nel periodo che intercorre tra la pubblicazione e la rimozione del contenuto, quest’ultimo potrebbe già aver ricevuto migliaia di visualizzazioni ed essere stato ri-condiviso con un link differente.

Il flusso di informazioni sulle piattaforme segue poi una logica bidirezionale, condizionato in parte dall’algoritmo e in parte dagli utenti. Infatti, una delle motivazioni della rapida diffusione di notizie fake risiede nel modo in cui gli utenti influenzano l’algoritmo. Le piattaforme seguono logiche di popolarità e connettività: se un contenuto crea engagement, l’informazione sarà incanalata presso altri utenti della rete, in quanto è probabile che anche gli amici degli amici possano trovarlo interessante e condividerlo nuovamente.

Quindi, la partecipazione diretta degli utenti è di grande influenza nella diffusione delle informazioni. Se da un lato è l’algoritmo ad elaborare e filtrare i contenuti per proporli al pubblico, sulla base di interessi e comportamenti sulla piattaforma, dall’altro lato gli utenti possono influenzare l’algoritmo e aumentare la visibilità di alcuni contenuti. La questione diventa preoccupante per il fatto che, secondo i ricercatori del MIT, proprio per il modo drammatico ed emotivamente coinvolgente con cui le fake news sono raccontate, la propensione degli utenti a condividerle con il proprio network è superiore rispetto a condividere informazioni di carattere informativo-divulgativo provenienti da fonti più affidabili.

Per contrastare la disinformazione, gli utenti privati e il Ministero sono stati costretti ad acquisire spazi pubblicitari sulle piattaforme e attuare delle partnership con le stesse. Un rapporto di Center for countering digital hate stima che le piattaforme incassino circa 1.1 miliardi di dollari all’anno da coloro che acquistano advertisement sui social al fine di raggiungere utenti diffidenti sui vaccini.

La situazione è allarmante in quanto vi è stretta correlazione tra diffusione di contenuti no-vax e il tasso di vaccinazione della popolazione. Già nel 2010, l’OMS aveva dichiarato come la propagazione di contenuti no-vax sia in grado di generare un calo di fiducia nei vaccini, con un conseguente calo del numero di vaccinati ed esplosione di focolai. 

Elisa Rizzoli