QUANDO IL FUTURO DIVENTA L’USATO

Ormai da qualche anno, in linea con la crescente attenzione che i consumatori prestano alla sostenibilità e al prezzo, il vintage sta acquisendo sempre più attenzione, anche tra gli shopper più modaioli.

Infatti, molti influencer non solo ammettano ma addirittura si pavoneggiano di essere fan del vintage e mostrano i loro affari griffati di seconda mano ai loro follower, contribuendo a destigmatizzare quello che alle generazioni precedenti ai Millenial poteva sembrare un acquisto da tenere nascosto. I Gen Z naturalmente sono quelli più predisposti ad acquistare articoli di seconda mano, soprattuto in momenti di ristrettezza economica, tanto che, secondo un sondaggio di thredUP, il 90% si sente a suo agio a comprare usato.

Se il thrift shopping fino a qualche tempo fa si poteva praticare predominantemente in piccoli negozi per intenditori, l’esplosione di questa tendenza lo sta rendendo sempre più alla portata di tutti. Esistono, oggi, moltissime piattaforme di resale online, come Depop, Vestiaire Collective e thredUP, che hanno aperto il mondo del vintage anche a chi non aveva tempo e voglia di recarsi nei negozi di seconda mano vicino a l*i. Alcuno di questi siti che ospitano abiti e accessori perlopiù di marca offrono agli acquirenti anche un servizio ulteriore: quello di autenticare i pezzi e certificarne lo stato per tutelarl* dalle frequenti truffe che si verificano su, tra gli altri, Ebay.

Sebbene il trend del resale online fosse già in crescita prima di quest’anno, il 2020 ha visto un’ascesa che non si sarebbe potuta prevedere in questo settore. Vestiaire Collective ha dichiarato di essere arrivati in giugno ad un incremento degli ordini pari al 144% in confronto all’anno precedente. Non solo: si prevede, secondo le analisi di thredUP, che mentre il settore del retail vedrà un restringimento del 15% tra il 2019 e il 2021, l’online di seconda mano crescera del 69%.

Ciò sarebbe dovuto alla concomitanza di diversi fattori, tra cui certamente l’attitudine all’ecosostenibilità. E’ risaputo che sempre più, soprattutto tra le nuove generazioni, l’ambiente è un tema a cui si presta sempre più attenzione e il mondo della moda e del fast fashion stanno ricevendo sempre più attenzione negativa per gli elevati tassi di inquinamento che producono. Comprare vintage è un modo per cambiare il proprio guardaroba, aiutando il sistema a riassorbire i volumi eccessivi di abiti che si producono.

Al tempo stesso, in una situazione di instabilità economica come quella che si è creata per effetto dell’emergenza sanitaria, la possibilità di acquistare ad un prezzo ridotto rispetto al valore originale dell’oggetto è sicuramente significativa. Se, infatti, in molti avevano il desiderio di occupare il tempo facendo shopping online, le prospettive incerte non invogliavano a sperperare i propri risparmi con leggerezza. Ecco, dunque, che le piattaforme di resale digitali si sono mostrate utili, non solo per il risparmio, ma anche per l’esperienza di “caccia all’affare” che offrivano a chi cercava modi alternativi di passare il tempo a casa.

Le proiezioni di crescita del vintage online invitano i brand a porsi delle domande in merito al futuro dello shopping. Per molti, questo trend può portare al fallimento, a meno che l’azienda non riesca a ripensarsi e ad agire in tempo. Levi’s è una delle pioniere in questo ambito, avendo aperto quest’anno la piattaforma SecondHand. Attraverso di essa, il brand sta cercando di acquisire il controllo del mercato di seconda mano dei suoi jeans, che sono alcuni degli abiti più ricercati in questo settore, offrendo un servizio di buyback e resale. Non solo è ora possibile rivendere i propri vecchi Levi’s, ma anche comprarne i tanto bramati 501 usati direttamente dalla piattaforma proprietaria del brand.

Nonostante SecondHand non sia attiva da molto (e per ora solo negli Stati Uniti), questa strategia di Levi’s è sicuramente interessante. Se anche è vero che le cose potranno cambiare una volta conclusa la fase di emergenza, il mondo del resale ha attratto troppi consumatori che sicuramente non vi vorranno più rinunciare. Le aziende di moda, dunque, non possono più ignorare questa tendenza e devono, come ha fatto Levi’s, adoprarsi per trovare soluzioni che non ostacolino questo mercato, ma che, piuttosto, gli vadano incontro. 

Giulia van den Winkel