“Si parla così tanto di start-up perché rappresentano spesso luoghi di sviluppo di capacità e di competenze per il mondo del lavoro”. È questo l’incipit con cui la prof.ssa Nicoletta Vittadini, docente dell’Università Cattolica e membro della Direzione dell’ALMED, ha aperto il terzo workshop tematico del ciclo Le professioni della Comunicazione, organizzato dall’ALMED e dedicato al mondo delle Start-up.
Aleggiano sempre dei giudizi confusi quando si parla di start-up. Ad esempio, una considerazione comune vede la start-up come il frutto unico ed esclusivo di un particolare genio, di un’intuizione. Vero, ma c’è tanto altro; c’è innanzitutto il team e la capacità di costruire una squadra che sia eterogenea ed integrata al tempo stesso. Lo sostiene con convinzione Layla Pavone, Venture Partner di Digital Magics, un importante incubatore di start-up che opera in particolar modo nel ramo del digital. Il mondo delle start-up è un ecosistema che diventa sempre più complesso ed articolato, all’interno del quale i business incubator, come Digital Magics, ricoprono un ruolo determinante. Il dinamismo del settore è tutto espresso nei numeri che ha riportato Pavone: formalmente in Italia esistono più di 5000 start-up, senza considerare le piccole realtà che sono ancora nella fase embrionale del go to market; se n’è accorta anche la politica, che dal 2013 con il decreto Passera ha definito una serie di meccanismi di incentivazione in materia di sgravi fiscali e di agevolazione nei meccanismi di assunzione.
Ad ogni modo c’è ancora molto da fare e come spesso accade il nostro paese si ritrova a fare i conti con una serie di arretratezze e di rigidità burocratiche, specie se lo si confronta con altre realtà. Ad esempio i venture capitalist, che sono una figura cruciale per il finanziamento delle nuove imprese, hanno una presa ancora piuttosto bassa in Italia. Nel contesto nazionale, i finanziamenti ammontano in tutto a circa 135 milioni di euro, somma di gran lunga inferiore rispetto ai 4 miliardi europei e ai 40 miliardi americani, che fatica a rispondere in modo efficace alla grande richiesta e all’animato vigore di idee. In questo senso pesano anche gli investimenti pubblici, ancora modesti in Italia, specie se paragonati alla realtà statunitense, dove lo Stato è fra i principali finanziatori di progetti imprenditoriali. In relazione a tutti questi fattori e all’enorme crescita dell’economia del digitale, come sostiene Pavone, “l’ambiente delle start-up può dare un contributo enorme alla crescita dell’intero sistema-Paese”.
Il lavoro di Digital Magics è in questo senso duplice: da un lato c’è il servizio di incubazione delle start-up (in una misura di 10-15 l’anno) secondo un meccanismo che prevede la cessione di una parte dell’equity (il capitale di rischio) in cambio di servizi di mentorship, di competenze e di assistenza amministrativa, legale e tecnica; dall’altro c’è un lavoro svolto a stretto contatto con le istituzioni governative, con il fine di incentivare il sostegno di queste nuove forme di imprenditoria sotto l’aspetto fiscale e di armonizzazione burocratica, con l’obiettivo di favorire l’afflusso di capitali e di sfruttare le start-up anche come veicolo di innovazione per la PMI. In questo senso, un altro partner importante di Digital Magics è Talent Garden, una piattaforma di digital coworking, leader di mercato in Italia e in Europa, specializzata nell’ideazione di eventi informativi a tema innovazione oltre che di progettazione di spazi di lavoro non convenzionali e di veri e propri campus diffusi nel territorio dove vengono offerti servizi di incubazione e di open innovation.
Va dunque migliorato l’assetto istituzionale, vanno incentivati gli investimenti, ma, come al solito, vanno smussate anche alcune rigidità culturali. Come sostiene Pavone, “nel nostro Paese il fallimento è vissuto ancora in modo molto negativo, ma è una naturale possibilità di un percorso imprenditoriale: start-up vuol dire rischiare”. Bisogna quindi guardare con convinzione e curiosità agli (ormai celeberrimi) oceani blu: un concetto molto più familiare in altre realtà, specie nel mondo anglosassone. Ad ogni modo, anche in Italia troviamo diversi esempi positivi e incoraggianti. Due di questi sono senza dubbio Deliveroo e Leevia, rappresentati nella conferenza dai rispettivi founder Matteo Sarzana e Francesco Mancino. Dalle testimonianze di entrambi gli ospiti sono emersi gli stessi concetti chiave, nonostante la diversità dei due business (Deliveroo si occupa di delivering nell’ambito della ristorazione, mentre Leevia di sviluppo di strumenti di digital marketing per aziende ed organizzazioni non-profit). Cercasi dinamismo e tenacia. Ma attenzione ad innamorarsi della propria idea e del proprio business model, sostiene Pavone. Attenzione, ha ricordato Sarzana, a come investire i primi finanziamenti, “immaginando che possano essere gli ultimi e con l’obiettivo di rendere presto l’azienda profittevole”. A bando, insomma, anche i primi stipendi in nome della crescita imprenditoriale, perché “lo start-upper all’inizio deve un po’ soffrire”.
Ma a quanto pare, non si tratta affatto di sacrifici inutili.
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