LA MODA E IL CINEMA: UN BINOMIO GENERATORE DI TREND

La moda nel cinema è un argomento affascinante che esplora come l’abbigliamento e lo stile possano esprimere l’identità, la personalità e lo stato d’animo dei personaggi. In questo articolo esamineremo alcuni degli esempi più memorabili di moda nel cinema.

Uno dei primi esempi di moda nel cinema è Quai des brumes (Porto delle ombre), un film noir francese del 1938 diretto da Marcel Carné. Il film ha come protagonista Michèle Morgan, una giovane donna che si innamora di un soldato fuggitivo interpretato da Jean Gabin. L’abbigliamento di Morgan, disegnato da Coco Chanel, consiste in un semplice impermeabile e in un berretto che contrastano con gli abiti e le pellicce glamour delle star di Hollywood dell’epoca. L’impermeabile e il berretto divennero il simbolo dello chic e dell’eleganza francese, oltre che dell’innocenza e della vulnerabilità del personaggio di Morgan.

Un altro film influente che ha messo in mostra i modelli di Chanel è stato La règle du jeu (Le regole del gioco), una commedia di buone maniere del 1939 diretta da Jean Renoir. Il film descrive la vita e le vicende di un gruppo di aristocratici e domestici durante un fine settimana in una tenuta di campagna. Chanel vestì diversi personaggi femminili in stili differenti, da abiti e tailleur eleganti a tweed e maglieria casual. I costumi di Chanel riflettono la classe sociale e la personalità di ciascun personaggio, nonché il cambiamento dei tempi e dei valori della Francia prebellica.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, la moda nel cinema raggiunse nuove vette con l’emergere di icone di Hollywood come Audrey Hepburn, Grace Kelly, Marilyn Monroe ed Elizabeth Taylor. Queste attrici indossavano abiti straordinari creati da alcuni dei più rinomati stilisti dell’epoca, come Edith Head, Hubert de Givenchy, Christian Dior e Yves Saint Laurent. Alcuni dei loro look più iconici includono l’abito nero e le perle della Hepburn in Colazione da Tiffany (1961), l’abito bianco e i guanti della Kelly in Caccia al ladro (1955), l’abito bianco della Monroe in The Seven Year Itch (1955) e l’abito dorato e il copricapo della Taylor in Cleopatra (1963). Questi abiti non solo hanno esaltato la bellezza e il carisma di queste star, ma hanno anche definito la loro immagine e la loro influenza per le generazioni a venire.

Negli anni Settanta e Ottanta, la moda cinematografica riflette la diversità e la sperimentazione di questi decenni, nonché i movimenti sociali e politici che li hanno caratterizzati. Film come Il Padrino (1972), La febbre del sabato sera (1977), Annie Hall (1977), Grease (1978), Blade Runner (1982), Flashdance (1983), The Breakfast Club (1985), Pretty in Pink (1986) e Dirty Dancing (1987) presentavano costumi che spaziavano da abiti e completi eleganti a completi da discoteca, stile punk, design futuristici e abbigliamento casual. Questi costumi catturavano lo stato d’animo e lo spirito di ogni film, così come le sottoculture e le identità dei loro personaggi.

Negli anni Novanta e Duemila la moda nel cinema ha continuato a evolversi e a innovarsi, incorporando elementi provenienti da culture, generi, epoche e media diversi. Film come Pulp Fiction (1994), Clueless (1995), Titanic (1997), Matrix (1999), Moulin Rouge! (2001), Il diavolo veste Prada (2006), Sex and the City (2008), Il cigno nero (2010), Il grande Gatsby (2013), Mad Max: Fury Road (2015), La La Land (2016), Black Panther (2018), Crazy Rich Asians (2018), Joker (2019) e Piccole donne (2019) hanno messo in mostra costumi che fondono l’accuratezza storica con la sensibilità moderna, la fantasia con la realtà, la semplicità con la stravaganza e la tradizione con l’innovazione. Questi costumi non solo hanno esaltato il fascino visivo e la narrazione di ogni film, ma hanno anche ispirato tendenze e movimenti di moda nel mondo reale.

La moda può influenzare la cultura e la società, creando icone e tendenze che plasmano il nostro immaginario collettivo e la nostra identità. La moda nel cinema non è quindi solo una forma d’arte, ma anche un potente mezzo di comunicazione e di ispirazione.

Pietro Mele