Oggi più che mai, le serie televisive e i loro personaggi costituiscono un’occasione preziosa per riflettere sulla natura umana e sulla società in generale: le piattaforme di streaming, che ormai dominano l’industria dell’intrattenimento, hanno senz’altro colto l’importanza della rappresentazione di storie autentiche. Euphoria, Sex Education, Grace&Frankie sono solo alcuni dei tanti esempi riusciti di esplorazione di tematiche chiave come la sessualità, l’età, le dipendenze. Eppure, l’industria globale dell’intrattenimento continua a soffrire di una terribile mancanza di una buona rappresentazione delle comunità emarginate. Pose è un’eccezione.
La rappresentazione dei personaggi trans in televisione e al cinema è storicamente stata limitata dallo sguardo cisgender, relegandoli spesso a oggetti di scherno o di intrattenimento. Pose, disponibile su Netflix, dimostra invece di saper dipingere individui con diverse identità sociali e culturali nel modo giusto. Si tratta di un dramma d’epoca, incentrato sulla scena culturale della sala da ballo LGBTQ afroamericana e latina nella New York degli anni ’80 e ’90: il mondo del ballo è il risultato della mancanza di accettazione che questa comunità subiva – soprattutto a quei tempi – nella società, e che compensava organizzando balli in maschera chiamati “drags” per sfidare le leggi che vietavano agli individui di indossare abiti assegnati all’altro sesso.
Pose è stato creato da Ryan Murphy insieme a Steven Canals e Brad Falchuk e presenta il più grande cast di attori transgender nella storia della televisione: Murphy ha fatto in modo che il coinvolgimento delle persone transgender non si limitasse allo schermo, impiegando un gran numero di persone trans anche dietro la macchina da presa per permettere agli attori di raccontare le loro storie costruendo credibilità e autenticità nel messaggio dello show. La serie segue le vite di personaggi trans e gay, offrendo un’inedita prospettiva dall’interno verso l’esterno sulla vita queer, con persone queer e trans al centro delle loro storie, non ritratte come semplici spalle o personaggi di supporto. La protagonista, Blanca, è il cuore emotivo di Pose: attraverso il suo personaggio mostra i valori della famiglia, dell’accettazione, dell’amore e del senso di sicurezza che si trovano all’interno della comunità LGBTQ+ e che il resto della società nega loro, specialmente durante il periodo in cui l’epidemia di AIDS era al suo peggio – caratterizzato da poca consapevolezza, eccessiva stigmatizzazione e opzioni di trattamento limitate.
Le storie di questa comunità che lotta per trovare il suo posto nella società non si fondano sull’evocazione di emozioni come la simpatia o l’empatia: Pose vuole piuttosto ritrarre la grinta, la resilienza e le problematicità che ogni personaggio incarna, e che rappresenta l’essenza stessa del potere queer. La serie celebra così da un lato il glamour e il divertimento del mondo del ballo di quegli anni, ma dall’altro è anche un fedele ritratto delle avversità e delle tensioni legate alla dilagante transfobia, alla sopracitata crisi dell’AIDS, al sessismo e al razzismo – in un’America bianca e capitalista in cui le persone trans di colore si trovano sbarrate le porte che permettono l’accesso al sogno americano.
I viaggi dei personaggi all’interno dello show rispecchiano la sinuosa scalata sociale della comunità queer, che arrivati ad oggi, nell’arco quarant’anni, ha ottenuto più visibilità che mai. Nonostante questo, le narrazioni queer e trans sono ancora così spesso marginali o cariche di tragedie.
Pose nel suo racconto non evita le difficoltà, ma eleva la celebrazione e l’amicizia di questi gruppi allo stesso livello di importanza. In questo modo, si è posizionato sulla buona strada per correggere questi errori e dar finalmente loro la rappresentazione che meritano: come ricorda nella scenda di apertura un* de* protagonist*, Elektra, “Focus children. È ora di ricordare al mondo chi siamo”.