IL CINEMA DI WES ANDERSON: UNA PALETTE DI COLORI

I colori e le loro combinazioni svolgono, a livello inconscio, un ruolo fondamentale nella visione di un film. Si spiega, dunque, il grande successo del regista Wes Anderson che unisce a trame particolari delle scene cromatiche forti che influiscono molto sull’atmosfera dei film e quindi sul coinvolgimento del pubblico. È rosso, viola o rosa. Il modo in cui descrive il mondo cinematografico è attraverso i colori.

Il regista Wes Anderson utilizza la sua tecnica estetica dell’uso del colore non al solo fine estetico, ma cercando nella forma la vera sostanza. Le sue storie raccontano di personaggi limite, adulti troppo bambini incapaci a stare in un mondo che non li comprende a causa delle loro nevrosi. I personaggi andersoniani tentano di evadere da queste gabbie di conformismo e il regista riporta le loro storie e la loro eccentricità, senza giudicarli negativamente ma anzi invita gli spettatori ad amarli ed imitarli.

Non esistono antagonisti, i buoni e i cattivi non esistono; i buoni non sono mai davvero buoni e i cattivi non sono mai davvero cattivi. Non bisogna però mai farsi ingannare dall’atmosfera leggera, la quale cela le fragilità e le debolezze dei personaggi. Anderson usa minuziosamente le tecniche cinematografiche, come i colori, le inquadrature e le simmetrie con lo scopo di sottolineare gli aspetti interiori e tutti gli aspetti di questa fragilità. Ogni scenario costruito dal regista è in funzione della psicologia facendo in modo che le caratteristiche dei protagonisti si riflettano nell’estetica che li rappresenta.

Alla base di ogni suo film vi è un elenco rigido di regole: le inquadrature sono sempre frontali, fisse da far notare una forte maniacalità della composizione dello scenario filmico. Si trova inoltre la simmetria bilaterale, presente in ogni scena, nulla di fronte alla telecamera è fuori posto, il punto di fuga è sempre al centro per creare una prospettiva centrale, utilizza inoltre lo scorrimento laterale e la panoramica dall’alto. Queste tecniche e soprattutto l’uso del colore creano una narrazione artefatta e una sensazione di surreale. Anderson ci fa vedere il mondo reale ma soprattutto quello interiore dei personaggi, enfatizzando gli umori e emozioni degli stessi.

I film come Grand Budapest Hotel, I Tenenbaum e Moonrise Kingdom fanno emergere al massimo queste caratteristiche: le tonalità di colori presenti in ogni scena si armonizzano come in un dipinto e a ogni momento ripreso viene abbinata una palette cromatica. Un esempio di questa sua intenzione cromatica è la scena, in Grand Budapest Hotel, in cui il consierge Monsieur Gustave H. e il lobby boy Zero Moustafa si trovano in ascensore con la ricca Madame D.: le scelte cromatiche di Anderson si orientano verso un rosso intenso e un viola stridente. Anche ne I Tenenbaum le scene emotivamente più forti si tingono di colori molto accesi. Altra tipologia di scena è quello in cui una cromia emerge in modo più netto sulle altre, scene prettamente monocromatiche. Per esempio, infatti, le scene tra il lobby boy e Agatha sono quasi sempre rosa.

Momenti comici si uniscono a commozione e ironia, creando un gioco perfetto di sfumatura. Ciò che colpisce del regista è proprio la volontà di trasformare il cinema in una composizione. Un dipinto di un pittore con colori complementari e allo stesso tempo sfumati. Il lavoro sui colori, sulla simmetria e sulle inquadrature risultano protagonisti quanto la storia del film. Le scelte cromatiche diventano un modo per far relazionare i personaggi allo spazio che li circonda e un modo per enfatizzare le sensazioni e le emozioni degli stessi.

Giulia Notari