Acquisti di pigiami, tute di cachemire e calzettoni di lana a parte, la moda e lo stile sono stati accantonati dai più nell’ultimo anno. La mancanza di occasioni quotidiane per indossare vestiti veri e propri e, ancor di più, di eventi che richiedono dress code elaborati hanno eliminato ogni scusa per sognare un outfit, bramare un accessorio o anche solo di ricercare affari in periodo di saldi. Viene quasi da chiedersi che importanza può avere la moda in un momento come questo, in cui quasi letteralmente tutto sembra essere più rilevante del sapere quali saranno i trend per l’autunno-inverno 2021/22.
Su queste linee sembra essersi sviluppato il pensiero di molti stilisti e influenti nel settore che, in breve tempo, hanno dovuto riflettere sul significato della moda in generale e capire conseguentemente che ruolo può assumere oggi il rituale stagionale della sfilata. Il trasferimento delle fashion week su piattaforme digitali non ha, infatti, comportato semplicemente la scelta di un canale e un riadattamento a livello meramente formale: tutte le maison si sono ritrovate davanti l’opportunità di trovare nuovi modi per comunicare la propria worldview e di coinvolgere i clienti in esperienze innovative e potenzialmente più immersive.
Pur producendo risultati diversi, molti brand si sono orientati su progetti di comunicazione che, più che rievocare la passerella o l’esibizione di un catalogo, sembravano voler intrattenere la propria audience, dandole motivi per rimanere connessa e, in alcuni casi, addirittura interagire. Da Burberry, la prima a sfilare su Twitch, la piattaforma tradizionalmente destinata al livestream di videogiochi, alla mini serie di Gucci, dal videogame di Balenciaga a quello lanciato il 17 gennaio dall’italiana Sunnei. Dalla collaborazione di Louis Vuitton con League of Legend alla sfilata uomo di Prada che si è conclusa un momento di Q&A a mo’ di talk show in cui i fan potevano porre domande direttamente ai due designer della casa, Miuccia Prada e Raf Simons.
Le idee e la creatività non sono certo mancate e, sicuramente, molte di queste “sfilate” hanno attratto pubblici più ampi rispetto a quelli che i medesimi brand riuscivano a coinvolgere prima. Il solo fatto, ad esempio, di portare una sfilata di alta moda su Twitch, dove la metà degli utenti hanno tra i 18 e i 34 anni, permette alla griffe di essere esposta ad un’audience molto ampia e appassionata di giovani consumatori. Molti critici hanno poi evidenziato come molte di queste proposte abbiano favorito l’apprezzamento globale dei prodotti e, in particolare, dei dettagli di abiti ed accessori che non si sarebbero altrimenti notati in vita reale.
Dietro all’associazione di moda e queste forme di intrattenimento digitale, però, sembra esserci molto altro. Più che parlare ad un grande pubblico, di cui la gran maggioranza non sarà probabilmente mai disposta a spendere migliaia di euro per un trench, o mettere in luce le abilità sartoriali, ingrandendo sulle cuciture, la potenza di questi progetti digitali sembra essere quella dell’evocazione di un’esperienza full immersion nell’universo e nella visione dello stilista. Così, la collezione assume un significato più completo, c’è una vera e propria narrazione, vissuta a pieno da chiunque si lasci travolgere e non più solo da pochi selezionati front-rowers. Emblematici sono i “non spazi” di marmo, resina, gesso e finta pelliccia che evocano un lussurioso piacere della tattilità, su cui sfilano i modelli Prada, vestiti a loro volta di mille texture diverse.
In un mondo in cui vestirsi non è più così importante ed entrare in un negozio non è più possibile, la moda sembra essere qualcosa di residuale, se non desueto. L’associazione del fenomeno tipicamente high society delle fashion week con contesti di gaming, formati tipicamente televisivi o altri canali legati all’intrattenimento cercano di ribaltare questa prospettiva, dimostrando che questo settore ha molto da offrire in termini di esperienze e, perché no, di momenti per sognare ad occhi aperti.