WHEN THEY SEE US: LE BUGIE DEL RAZZISMO

Se avete già poca fiducia nel progresso del genere umano, non guardate questa serie.

Insieme a Netflix, la candidata all’Oscar Ava DuVernay ha diretto una tristissima storia vera. È il 19 aprile del 1989, e una giovane donna viene aggredita brutalmente mentre praticava jogging a Central Park; stuprata e picchiata, Trisha Meili entra in coma per 12 giorni. Quella sera, come ogni altra, il parco è un punto di ritrovo per tantissimi ragazzi, per lo più neri; e la colpa ricade immediatamente su di loro.

«Ogni ragazzo nero che era nel parco ieri sera è un sospettato»: così Linda Fairstein, la procuratrice del caso interpretata da Felicity Huffman, ordina ai poliziotti di rintracciare gli aggressori. Dopo qualche ricerca approssimativa, quattro afroamericani e un ispanico vengono portati alla centrale di polizia. «A noi basta che uno di loro dia un senso a tutto questo»; e così inizia la tragedia.

Già nel primo episodio, lo spettatore sa della grave ingiustizia che i ragazzi stanno subendo: l’interrogatorio di ciascuno di loro avviene senza genitori né avvocati, e i detective li minacciano psicologicamente e fisicamente per costringerli a confessare un crimine di cui non sono nemmeno a conoscenza. Posti di fronte a un’unica strada di ritorno verso casa, i ragazzi accettano l’accordo con la polizia di dichiarare la propria colpevolezza, ciascuno per una fase dell’aggressione, o meglio, di quella che è stata artificialmente ricostruita dalla procuratrice senza alcuna prova né pista, ma solo con l’intento di collegare il punto in cui quei cinque si trovavano quella sera al momento in cui è avvenuto il fatto.

Di punto in bianco, sulla lista dei trasgressori sessuali compaiono dei nuovi nomi, che in tv verranno riconosciuti come “i Cinque di Central Park”: Raymond Santana, Kevin Richardson, Antron McCray, Yusef Salaam e Korey Wise. Il più piccolo di loro ha 14 anni, il più grande 16; lui è l’unico ad avere l’età sufficiente per essere detenuto in un carcere per adulti, ed è quello a cui la procuratrice vuole addossare la colpa maggiore. Nel corso degli altri episodi, la serie mostra con la stessa sincera crudezza del primo gli sviluppi che la vicenda ha avuto fino al 2002 tra avvocati, famiglie disastrate, penitenziari, mass media e persone scese in piazza a protestare contro le discriminazioni razziali.

Quelle stesse persone, nostro malgrado, le troviamo per le strade anche oggi, con un pugno chiuso disegnato su cartelloni in cui chiedono un mondo senza razzismo. Ma adesso come allora, l’uguaglianza è molto lontana dall’essere perseguita in ogni parte del mondo. Ed essere nato nero è ancora l’unico crimine commesso da ormai ben più di cinque ragazzi. «Perché ci stanno trattando così?»; il piccolo Kevin è confuso alla centrale di polizia. «Ci hanno mai trattato diversamente?», risponde Raymond.

Melissa Dello Monaco