Nelle giornate del 9 e 16 dicembre, il Master Eventi Culturali (MEC) dell’Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo (ALMED) ha organizzato due lezioni aperte i cui temi sono stati il Dossier Milano Cortina 2026 e Parma Capitale della Cultura 2020. Ho avuto il piacere di intervistare per la Redazione di CIMOinfo il dottor Luca Monti, coordinatore e assistente alla direzione del Master, e in questo mio articolo condividerò con voi il nostro dialogo.
Che cosa è cambiato nel settore degli eventi culturali in relazione al Web 2.0? Quali sono le nuove sfide che si devono raccogliere? Risulta più semplice o le cose si sono ulteriormente complicate?
Certamente è più facile e certamente il web ha aiutato molto la comunicazione degli eventi culturali. Questo perché negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una diminuzione notevolissima di tutta la pubblicità tradizionale, che coinvolge non solo il materiale cartaceo in generale, ma nello specifico tutta una serie di prodotti editoriali come cartoline e manifesti, in favore di una comunicazione che avviene prevalentemente via web poiché è molto meno costosa, più veloce, e soprattutto più aperta alla possibilità di sviluppare delle strategie che permettano di migliorare e sistemare i contenuti mano a mano che i progetti culturali si addensano intorno a dei temi specifici. Si pensi per esempio alla conferenza stampa, che un tempo era il momento in cui si presentava l’evento per quello che era. Oggi invece si può fare una conferenza stampa un mese prima e poi rimandare a dei contenuti virtuali con delle novità e degli elementi che mano a mano vengono costruiti ed inseriti. Anche la promozione ha subito dei cambiamenti importanti. Se si prende come esempio classicamente una comunicazione con un evento su Facebook, bisogna stare attenti al labile rapporto che sussiste tra online ed offline. Infatti, se c’è bisogno di un numero preciso per un qualsiasi tipo di evento, che sia una proiezione, un’inaugurazione o una mostra, non si può considerare il like o il cliccare “partecipa” come una garanzia di effettiva partecipazione e di engagement, al contrario di una telefonata per prenotare un posto.
Quindi l’engagement non è così immediato come si potrebbe pensare?
Esatto. C’è sempre bisogno di una linea di contatto diretto con il pubblico che non sia soltanto una mail ma proprio una telefonata e\o una prenotazione. Infatti, per la promozione e per il riempimento della sala il web aiuta fino ad un certo punto ed è fondamentale sviluppare dei meccanismi che siano alternativi o che confermino la presenza. Direi quindi che ci sono dei pro e dei contro. Sicuramente tutto il meccanismo di lavoro attraverso il web permette condivisione di documenti e di file, una gestione più veloce di un archivio di progetto telematico e la possibilità di comunicare in maniera più agile ed efficace quando si tratta di permessi per spazi pubblici.
Agli studenti che vorrebbero fare dell’organizzazione di eventi il loro lavoro, sempre in relazione alle sfide e ai pericoli del web, lei che cosa consiglierebbe?
Noi lavoriamo con il Master in Ideazione e Progettazione di Eventi Culturali e abbiamo venti allievi ogni anno. Due terzi si occupano di comunicazione e sempre di più le realtà culturali ci richiedono delle persone che siano capaci di fare delle campagne sui social. Quindi quello che si chiama il social media manager è un lavoro importantissimo per diverse ragioni. Intanto perché abbiamo a che fare con tantissimi contenuti, occupandoci di eventi culturali e non prodotti come macchine, vestiti o vini. Questo significa che ci sono più elementi che vanno messi sotto i riflettori, come può essere il cast per uno spettacolo teatrale o i relatori per una determinata conferenza. Bisogna esser capaci di cogliere nella molteplicità dei contenuti quelli più utili per la promozione per poi di conseguenza renderli molto fruibili. Un esempio virtuoso è quello del Piccolo Teatro che vende la metà dei suoi biglietti attraverso i canali web, riuscendo così a rivolgersi al pubblico con delle offerte uniche (la metà del prezzo di un biglietto è tanto!) e a instaurare un rapporto di fiducia solido. Poi va anche detto che moltissime realtà culturali hanno poche risorse e non conoscono determinati strumenti e supporti tecnologici, come può essere il montaggio di un video o anche semplicemente una pagina su Facebook.
Un’ultima domanda sull’importanza della cultura per l’Italia. Lei pensa che la cultura in tutte le sue forme abbia un ruolo fondamentale nell’educazione e nella trasmissione di valori?
Assolutamente sì, credo che sia fondamentale e che sia una delle nostre principali risorse. Prendiamo in considerazione, per esempio, il programma Capitale Europea della Cultura: dà un finanziamento di un milione di euro ad una città, che è pochissimo dal punto di vista culturale. Ma questo milione di euro serve sostanzialmente da incentivo e si è calcolato come dia vita a un territorio che in maniera esponenziale vive del titolo “Capitale della Cultura” e che riesce a creare un valore importantissimo. Siamo molto fortunati perché in Italia abbiamo un gran lavoro da parte delle sovrintendenze, che ci hanno permesso di vivere in delle città intatte dal Rinascimento e di riuscire a emergere in un mercato internazionale, dove l’Italia non è in possesso di materie prime tali da permetterle di competere con altri Paesi. Noi siamo un Paese che ha uno stile di vita, una cultura del cibo, un paesaggio e delle città che gli permettono di generare tanto valore, nonché tanta meraviglia in chi ne usufruisce.
Giulio Mastrorilli