Un uomo come tanti che cerca il proprio posto nel mondo, che però sa volare. Ma questa straordinaria leggerezza c’è veramente?
Ammettiamolo. Di storie sui supereroi ne è pieno il cinema, e la televisione, e anche Netflix. E allora la società, che ormai lancia di continuo contenuti “originali Netflix”, decide di distribuire un film che potrebbe a prima vista sembrare su un uomo singolare, ma che si rivela invece una storia comune di un individuo comune. Si tratta de L’uomo senza gravità, film diretto da Marco Bonfanti con protagonista Elio Germano e disponibile sulla piattaforma dall’1 novembre 2019.
Il lungometraggio racconta di un bambino che, in una piovosa notte degli anni ’80 in un paesino di campagna, nasce mostrando subito una “particolarità”: la gravità non ha effetto su di lui. Il bambino si chiama Oscar, e fluttua nell’aria come fosse un palloncino. Ragion per cui la madre e la nonna decidono di tenerlo chiuso in casa per nascondere il suo segreto e proteggerlo da un mondo che non capirebbe, pervaso com’è di pregiudizi – di cui è piena in primis l’anziana signora. Oscar non va a scuola, non sa leggere, non ha amici, e la sua unica distrazione è guardare in tv il cartone di Batman, nel quale riesce a identificarsi perché come lui “sa volare”.
La sua prima, vera amica (nonché unico amore) è Agata, che gli regala uno zaino rosa da portare sempre con sé affinché possa rimanere coi piedi ben saldi a terra, e che diventerà presto il simbolo della sua condizione. Ma qual è, esattamente, la condizione che il regista vuole rappresentare? Probabilmente quella di un uomo che sebbene sia in grado di rimanere sospeso in aria si sente pesante, oppresso. Andare via di casa per svelare a tutti chi è non gli servirà a molto, perché come purtroppo spesso accade, colui che è “diverso” viene trattato come fosse un fenomeno da baraccone. Oscar diventa una specie di Dumbo che passa da un circo all’altro nelle mani di un agente senza scrupoli che si arricchisce sfruttandolo. E così il film ci fa intravedere i falsi luccichii del mondo mediale, che sembra brillare ma che, una volta spenti i riflettori, lascia gli individui più soli e abbandonati che mai. È un ambiente che trasforma un uomo in un personaggio, l’uomo senza gravità, del quale non importano più né il nome né i desideri o tantomeno la volontà. Che vuole lo spettacolo per i suoi spettatori affamati.
È la storia di un mondo che nel XXI secolo finge di accettare le diversità, di integrarle, ma che non lo fa mai veramente. Un mondo in cui un uomo che può letteralmente stare tre metri sopra il cielo alla fine vuole solo essere accettato e rimanere semplicemente quello che è, sulla terra.
Perché non basta saper volare per sentirsi leggeri, se tutto intorno ci sono i pesi del mondo a tirarci continuamente giù.
Chiara Anastasi