Ospite del corso di Media Studies and Cultural History, il noto chef Davide Oldani ha raccontato a una folta platea di CIMERS le sue passioni e il suo percorso all’insegna di proattività e dinamismo. Chef di fama mondiale, quest’anno Oldani si è posizionato al ventisettesimo posto della classifica stilata da The Best Chef, che ogni anno elenca i trecento migliori cuochi del mondo.
Durante il workshop, lo chef ha parlato del rapporto che ha con la cucina, come sia nata la sua passione, come si sia sviluppata ed abbia portato all’ideazione della cucina pop, che lui definisce come un incontro tra l’essenziale e il ben fatto, il buono e l’accessibile, l’innovazione e la tradizione.
Trovare le proprie passioni, delle volte, può essere davvero un’impresa: per Oldani il primo approccio con la scuola alberghiera non fu positivo. Amante del calcio, il suo sogno sin da bambino era quello di diventare un calciatore professionista, ma a causa di un infortunio non ha potuto realizzarlo. Ha così scoperto una nuova passione e si è avvicinato al mondo gastronomico. Nella sua carriera, Oldani ha studiato con i più grandi chef tra cui Gualtiero Marchesi, Albert Roux, Alain Ducasse, Pierre Hermé. Grazie all’apprendistato da Marchesi iniziò a capire cosa significasse davvero la parola meritocrazia e sperimentò la fatica del mestiere. Questa esperienza gli ha insegnato a mantenere una coerenza in ogni suo progetto e gli ha permesso di portare avanti i suoi obiettivi con coraggio e tenacia: valori che cerca di passare quotidianamente ai suoi apprendisti. I futuri chef, una volta selezionati, vengono integrati perfettamente nel suo ambiente lavorativo, tanto che Oldani permette loro di riunirsi con gli altri cuochi per assistere alla realtà del mestiere con tutte le sue problematiche e le sue bellezze.
La carriera di Oldani vanta collaborazioni col mensile La Cucina Italiana, col settimanalmente Sport Week, per il quale ha redatto una rubrica di cucina pop e sport, e scrive per il blog Chiacchierando con gusto di IoDonna– il femminile del Corriere delle Sera.

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Lo chef ha risposto alle domande della nostra CIMER Lucia Quinto!
Le tue passioni non riguardano solo la cucina ma abbracciano anche il design, l’architettura, l’arte e l’ospitalità. Qual è il filo rosso che tiene uniti tutti questi mondi così diversi tra loro?
“Io sono un cuoco ma allo stesso tempo amo definirmi un artigiano. Ho ideato una linea di sedie, tavoli, posate e bicchieri per il mio ristorante perché ho delle filosofie un po’ particolari ma soprattutto mi sono ispirato ai miei clienti. Ogni ospite nel mio ristorante deve sentirsi comodo e a proprio agio. Il design nel mio ristorante è importantissimo, è il contenitore del contenuto cioè del cibo, è l’abbellimento di ogni portata e da quel valore in più ad ogni piatto.”
Ami lo sport e hai un passato da calciatore. In cucina, come nel calcio, quanto conta il gioco di squadra?
“Il mio passato da calciatore mi ha fatto capire l’importanza di lavorare in team. Nel mio ristorante il gioco di squadra è fondamentale, sarebbe impossibile pensare di poter lavorare singolarmente. Siamo tutti coinvolti nella preparazione dei piatti, anche gli ultimi arrivati, i cuochi più giovani o quelli che sono alle prime esperienze in cucina. Tutti lavoriamo collaborando, comunicando ma soprattutto coordinandoci.”
Se fossi un tuo piatto, quale saresti?
“Il pane! Sì, sicuramente sarei il pane: simbolo di italianità, della nostra tradizione e il suo profumo racconta la nostra storia. È un alimento tanto semplice quanto importante per la nostra salute, i fermenti che lo compongono sono infatti fondamentali per il nostro organismo ma oltre a ciò, questi fermenti mi ricordano tanto la mia personalità: sempre in movimento, mai fermi!”
Oldani ha dimostrato di essere una grande persona, umile, attento ai bisogni dei clienti e dei suoi collaboratori, ricordandoci che dobbiamo sempre partire dal gradino più basso, dobbiamo sempre avere presente le nostre origini e soprattutto non dobbiamo perdere noi stessi lungo questa ardua salita, solo così potremo raggiungere la soddisfazione di veder realizzati i nostri sogni.
Simona Damanti e Lucia Quinto