Questa settimana la nostra nuova rubrica Driving to Work, marchiata CIMO info e Stage & Placement, ha fatto capolino dalla Professoressa Mariagrazia Fanchi, coordinatrice del nostro corso di studi, presso il quale, è docente di Media Studies and Cultural History e Strategie e Linguaggi della comunicazione mediale. Proprio con lei cerchiamo di andare a cogliere il valore e l’essenzialità dell’esperienza stage. Bisogna affrontare questo percorso con energia e proattività, perchè oltre ad “arricchire il curriculum” è un’ esperienza fondamentale sia per le nostre competenze tecniche, che per le soft skill individuali.
Buonasera Professoressa, io, come molti altri studenti, mi trovo spesso ad avere dubbi e perplessità nei confronti dell’argomento stage. Cimo è senz’altro un’interfacoltà ben disposta verso questo tipo di attività, secondo lei quali sono i motivi essenziali per i quali è bene attivarsi verso questa opportunità formativa?
“Lo stage è un momento irrinunciabile del percorso di formazione magistrale: le conoscenze strategiche e le competenze apprese nell’arco del biennio trovano infatti nel tirocinio l’opportunità di piena messa in opera. Naturalmente ci sono altre occasioni per interagire con il mondo del lavoro e CIMO sta cercando di esplorarle tutte: dalle più classiche testimonianze aziendali, alle call to action lanciate dalle imprese all’interno dei corsi, alla talent academy. Lo stage completa questo ventaglio e lo fa con attenzione anche alla dimensione internazionale. Una delle possibilità che gli studenti CIMO hanno è infatti quella di svolgere la propria attività di tirocinio all’estero: un’esperienza straordinariamente formativa, soprattutto per chi opera i campi con una spiccata vocazione internazionale, quali i nostri. Aggiungo che lo stage è anche un’occasione di maturazione e di crescita personale insostituibile: insegna a mediare, affina le capacità di problem solving, migliora la nostra disposizione al lavoro di team.”
Potrebbe accadere che uno stage non sia come ce lo aspettavamo, che non rispecchi le nostre aspettative. In quel caso è opportuno portarlo a termine, oppure bisogna interromperlo e candidarsi per nuove aziende?

Prof.ssa Mariagrazia Fanchi
“Può accadere, certo. Ci sono tuttavia delle avvertenze che è possibile adottare e che riducono al minimo il rischio di ‘non trovarsi bene’. La prima e fondamentale è leggere con attenzione il job descriptor che riporta le mansioni e le condizioni dello stage. La seconda, strettamente legata a questa prima, è non avere fretta e non farsi prendere dall’ansia: di opportunità ce ne sono molte (prova ne sia il fatto che non poche posizioni vanno deserte) ed è bene aspettare quella che meglio corrisponde al proprio percorso. Infine vale quanto Le dicevo poc’anzi: lo stage è un’esperienza di crescita anche personale: può porre di fronte a difficoltà e frustrazioni e non gettare la spugna subito significa farne una reale occasione di maturazione professionale e umana. Detto questo – e proprio per la rilevanza che lo stage ricopre per CIMO – se l’esperienza non corrisponde a quanto indicato nel job descriptor occorre farlo presente ai tutor di tirocinio e individuare con loro la migliore linea di azione.”
Stage all’estero o stage “in patria”? Spesso ci poniamo anche questo interrogativo. Si sa, le esperienze all’estero sono un grosso valore aggiunto per il nostro curriculum. Cosa ne pensa lei a riguardo?
“Lo stage all’estero unisce virtuosamente due obiettivi primari di CIMO: la creazione di un solido ponte verso il mondo del lavoro e l’internazionalizzazione. Il valore aggiunto di uno stage all’estero è più che rilevante: è un’attestazione del fatto che ci si è confrontati operativamente con una dimensione, quella internazionale che, come Le dicevo, è fondamentale nell’ambito delle professioni a cui CIMO prepara. Inoltre per questo tipo di esperienza la comunità europea prevede dei supporti economici agli studenti; le informazioni pratiche sono nella pagina istituzionale CIMO: non stiamo parlando di un’enormità di risorse, ma è comunque un aiuto. Questo naturalmente non toglie il valore di uno stage svolto in Italia. Si tratta di scegliere come combinare al meglio nell’arco dei due anni due obiettivi ugualmente rilevanti: quello di cimentarsi sul campo, mettere in pratica le competenze acquisite in università e maturarne di nuove; e l’obiettivo di abituarsi ad operare in una prospettiva internazionale.“
Grazie Professoressa, sicuramente faremo tesoro delle sue parole. La prossima settimana si parlerà ancora di stage quindi…stay tuned CIMO!