Gli ingredienti: un’americana ingenua al punto giusto, scorci di Ville-Lumière, un pizzico di competizione sul lavoro e un triangolo amoroso che lascia perplessi. Il risultato è Emily in Paris, una tra la serie Netflix più chiacchierate del momento.
Che piaccia o no, Emily in Paris, ha il merito di essere l’esempio perfetto di un ben congegnato product placement: quel tipo di pubblicità indiretta in cui il prodotto da sponsorizzare è inserito a regola d’arte nella narrazione.
Emily si muove tra continui cambi di outfit alla moda, colorati e stravaganti, e considerando solo l’ultima stagione, si conta la presenza di ben 250 tra marchi e designer, come rivela il quotidiano francese Les Echos.
I brand, paganti e non, hanno ottenuto risultati eccezionali dopo il lancio della serie. Chanel ha riportato un aumento del 30% nelle ricerche online, mentre la borsa Scoubidou di Carel ha visto le vendite triplicarsi. Anche il cappello a secchiello Kangol e la giacca in vinile Courrèges hanno registrato aumenti significativi nei click.
La piattaforma di Netflix si trasforma in una vera e propria vetrina globale, che permette ai marchi di raggiungere un’audience di 190 paesi. Come sostiene in un’intervista a Vogue Business Olivier Toubia, presidente della divisione marketing della Columbia Business School: «se fatto bene, il product placement è un mezzo molto potente per cambiare l’associazione mentale del consumatore con il marchio».
Giunti alla terza stagione, è McDonald’s a cogliere la palla al balzo: nella finzione, la catena di fast food lascia che sia proprio l’agenzia della protagonista a occuparsi del lancio della McBaguette, lo sfilatino francese riempito con carne, lattuga, formaggio e senape. McDonald’s, però, non si limita a un semplice product placement, come fanno gli altri brand nella serie: mette in atto una vera e propria strategia transmediale. Il petit plaisir della McBaguette si trasforma in un successo dentro e fuori dallo schermo: dal lancio della serie, è possibile trovarlo in tutti i McDonald’s francesi.
Il panino, in verità, appare per la prima volta nei fast food già nel 2012, ritornando occasionalmente negli anni successivi. Tuttavia, è solo con l’uscita di Emily in Paris che McDonald’s ripensa a un rilancio “in pompa magna”, con un’edizione limitata ispirata alla serie.
La collaborazione tra Netflix e McDonald’s è un esempio perfetto di smart marketing e apre la strada a un modo tutto nuovo di fare product placement, in cui mondo fittizio e reale si incontrano. La trovata brillante sta inoltre nel non mostrare mai il prodotto allo spettatore. Nella serie infatti se ne parla spesso, ma di McBaguette non c’è traccia: effetto curiosità assicurato.
Una storia a lieto fine, che dice molto delle prossime mosse dei brand nel mercato pubblicitario. «Il product placement», aggiunge ancora Toubia, «è diventato uno dei modi con cui le aziende possono incorporare i prodotti in esperienze, insieme al celebrity endorsement, al branded entertainment e al native advertising. Non c’è bisogno di nascondere la pubblicità perché i consumatori sanno cosa sta succedendo. Bisogna solo assicurarsi che il product placement risulti autentico».
Come le trovate pubblicitarie sviluppate da Emily nella serie, la partnership Netflix x McDonald’s è fuori dagli schemi e divertente: il mondo sviluppato nello show indica con chiarezza l’affermarsi di un advertising in cui i prodotti diventano sempre di più protagonisti di un ambizioso e articolato storytelling.
Adieu ai vecchi spot e, dalle borsette ai panini, bienvenue a una gustosa abbondanza transmediale di idee promozionali coinvolgenti e spiazzanti.