Innovatore di un genere, artista le cui opere sono riconoscibili al primo sguardo, Keith Haring non ha solo rivoluzionato il genere della pop art ma ha messo questa al servizio della società, cercando di sensibilizzare le persone su particolari tematiche quali i diritti civili, la lotta contro l’AIDS, la rigenerazione urbana di quartieri degradati, la tutela dell’infanzia. Oltre 100 opere dell’artista statunitense in mostra dal 30 settembre al 29 gennaio 2023 nell’Orangerie della Reggia di Monza raccontano gli stadi più importanti della sua carriera.
“Keith Haring. Radiant Vision” è un percorso museale allegro e ricco di colore, capace di coinvolgere lo spettatore all’interno del mondo di Haring affollato di omini, animali, figure danzanti e i celeberrimi “radiant baby”. L’arte di Haring, protagonista della scena pop degli anni Ottanta, viene raccontata all’interno della mostra attraverso diverse tipologie di documenti: è possibile, infatti, osservare da vicino non solo le sue litografie e serigrafie ma anche manifesti e gadget come dischi in vinile, borse, magliette firmate Keith Haring e provenienti direttamente dal suo negozio “The Pop shop” inaugurato a New York nel 1986, considerato da Haring «un’estensione del suo lavoro», operazione voluta dall’artista stesso per rendere l’arte accessibile a tutti ad un prezzo contenuto.
«L’arte è per tutti» annotava il giovane artista americano nei suoi diari nel 1978, seguendo l’idea che l’arte avrebbe dovuto essere un veicolo per trasmettere temi di cui Haring si fa aperto militante portando alla luce diverse problematiche sociali quali il rischio della degradazione urbana che egli cercò di combattere attraverso i suoi giganteschi murales dipinti sulle facciate degli edifici, pronti a riqualificare le città attraverso il dinamismo e il colore; fronteggiò problemi di inclusione sociale organizzando raccolte fondi e creando manifesti per combattere l’apartheid in Africa; a metà degli anni Ottanta, quando lo spettro dell’AIDS iniziò a dilagare nella città di New York, Haring si fece promotore di rapporti sessuali sicuri e fece il possibile per richiamare l’attenzione, per far riconoscere la malattia e sostenere la ricerca di cure per combatterla.
La mostra, le cui opere appartengono ad un unico collezionista, sviluppata in nove sezioni, si conclude con un’installazione interattiva che chiama il visitatore ad essere partecipe, con la sua creatività, a riportare un disegno su delle tavolozze di ardesia e a fotografare il proprio lavoro per condividerlo sui social network, così da promuovere la mostra all’interno della propria cerchia sociale.
Inés Solustri