BURGEZ: UN LOVEMARK IRRIVERENTE E CONTRO TENDENZA

Nel 2020, apre in Italia il primo locale Burgez, una catena di fast food fondata da Simone Ciaruffoli dopo un rivoluzionario viaggio negli Stati Uniti. La volontà del CEO era quella di vendere hamburger di qualità, preparati con ingredienti tradizionali, a prezzi accessibili.

Questa idea alla base del brand si è rivelata efficace! Burgez, infatti, è riuscito ad affermarsi in poco tempo come vero e proprio lovemark. Ma qual è la sua «ricetta vincente»? Quali sono le strategie del successo? Scopriamolo insieme!

Prima di tutto, è importante dare una spiegazione di lovemark. Si tratta di un concetto di marketing ideato da Kevin Roberts, CEO di Saatchi & Saatchi, utilizzato per identificare un brand che possiede una storia, che è dotato di sensualità, cioè ha colori e sapori riconoscibili, e che è in grado di creare intimità, coinvolgimento ed empatia con i consumatori. «Per definizione, un lovemark è un brand di cui ci siamo innamorati» e al quale, grazie alle caratteristiche appena citate, siamo fedeli.

E Burgez fa della loyalty mostrata dei clienti, una parte stessa del proprio slogan Try Not To Come Back iF You Can, una battuta provocatoria e stimolante.

E’ esattamente questo, un tono irriverente, sfacciato, senza limiti, il vero ingrediente distintivo del brand. Burgez sceglie di fondare il proprio marketing e le strategie di comunicazione su un approccio anti convenzionale, lontano dallo standard dell’ “assecondare sempre il consumatore” e del “cliente ha sempre ragione”, divulgando contenuti schietti, giocosi e talvolta anche un po’ volgari.

Ad esempio, sui social network si schiera in modo ironico contro gli ambientalisti, rimarcando un tema particolarmente rilevante negli ultimi anni. In un recente post sul profilo Instagram ufficiale, @instaburgez, la sostenibilità viene persino definita come “solo marketing”: “Se un’azienda spende milioni per salvare il pianeta, significa che guadagna miliardi per distruggerlo”.

Tra le altre tecniche di engagement di Burgez, vi sono sicuramente la mancanza di cura per l’estetica a livello visivo nel packaging e nel logo, opposti a ogni regola grafica, e l’uso di una terminologia vicina alla lingua della generazione Z. A tal proposito, il brand sceglie di definire i propri hambuger “i più schifosi”, sfruttando il significato più “giovanile” attribuito al termine (schifoso è il nuovo succulento!).

Non dimentichiamo poi il frequente utilizzo di pubblicità comparativa, ovvero una tecnica di promozione dei propri prodotti a partire da una comparazione con quelli di brand concorrenti. Tra le principali campagne outdoor di Burgez, ad esempio, quella fondata sui riferimenti a McDonald’s. In Italia, la pubblicità comparativa non è particolarmente diffusa, poiché il limite tra ironico e illecito è molto sottile. Proprio per questo, dunque, la scelta di Burgez di proseguire in questa direzione rende il brand ancora più distinguibile.

Il successo di Burgez offline, è proseguito poi con la collaborazione con il rapper Coez. Il titolo dell’album “E’ sempre bello” ha rimpiazzato il classico slogan del brand e la copertina è diventata il nuovo packaging.

Insomma, Burgez è l’esempio vincente di un brand “ribelle”, che pur infrangendo le regole tradizionali del marketing, è stato in grado di creare la sua propria strada verso l’affermazione e la crescita, dimostrando che non esiste un modo unico di stabilire un legame con il proprio target. 

Lorenza Altimari