Sono anni che si parla di influencer marketing ed è spontaneo ritenere che l’account migliore per fare promozione sia quello con grandi numeri. E se invece vi dicessi che “the bigger is not always the better ”?
Facciamo chiarezza. Iniziamo col definire chi sono i micro influencer, e cioè dei creator che hanno community limitate (sotto i 50K follower) ma che, in compenso, hanno alti livelli di engagement e lavorano sulla creazione di una relazione di fiducia con i loro seguaci.
Gli esempi di aziende che hanno sfruttato queste figure nel modo giusto sono innumerevoli e provengono dai più disparati settori.
Un dei casi di maggior successo è quello di Daniel Wellington. Il brand, produttore di orologi dal design classico e minimale, si è avvalso in modo vincente del micro influencer marketing. All’interno del suo mercato target sono stati selezionati dei micro influencer, che hanno ricevuto in regalo degli orologi; in cambio l’azienda ha ottenuto da questi creators una serie di post sui social, dove venivano mostrati i loro prodotti ad un bacino di possibili clienti, aumentando così l’awarness del brand. Questa si è rivelata una strategia vincente. Infatti, ad oggi, Daniel Wellington conta su Instagram quasi 5 milioni di follower ed è cresciuto abbastanza (in termini di budget) da poter pagare e usufruire anche dei servizi di influencer con grandi numeri.
Un’azienda può quindi ottenere dei vantaggi significativi mettendo in atto una campagna social tramite queste figure.
Il primo punto di forza è il costo minore. Il budget può essere un tasto tanto fondamentale quanto dolente per molte imprese, soprattutto agli inizi della loro attività, e la tariffa di mega influencer da 25 milioni di seguaci come Chiara Ferragni sarà sicuramente maggiore rispetto a quella di un creator con 10 000 follower, per cui potrebbe anche bastare l’invio di prodotti gratuiti.
Un secondo beneficio riguarda il coinvolgimento. I micro influencer padroneggiano gli argomenti di cui parlano e hanno una relazione privilegiata, continuativa e di fiducia con la loro community, essendo quindi in grado di avere un alto livello di engagement le loro campagne possono essere maggiormente efficaci e con maggiori tassi di conversion.
Un terzo vantaggio riguarda il target. I micro influencer tendono ad essere ben conosciuti all’interno di nicchie ristrette. Perciò, per un’azienda, sarà possibile indirizzare il prodotto al target desiderato, tramite l’impiego di un creator che si rivolga e che abbia la fiducia del suo pubblico.
Nel mondo degli influencer, però, non è tutto rose e fiori. Impiegare un creator significa svolgere un’attenta attività di ricerca e selezione. La pubblicazione di un contenuto su un canale non di proprietà dell’azienda implica la delega all’influencer (che sia macro o micro) della gestione di eventuali crisi, commenti e domande degli utenti.
Inoltre, per ottenere un contenuto di qualità è necessario trovare il giusto equilibrio tra la creatività del creator, tone of voice e messaggio che l’azienda desidera comunicare.
Quanto un creator potrà essere utile ad un’azienda non coincide necessariamente con il suo numero di follower. In realtà, ciò che è fondamentale è la popolarità che un individuo ha all’interno della sua rete sociale.
Camilla Ilva Ferrari