LE NUOVE STAR DEL WEB: IL FENOMENO DEI BABY INFLUENCER

Quello dei “baby influencer” è un vero e proprio fenomeno dei social media e del marketing moderno che sta prendendo sempre più piede all’interno della nostra società, una società fortemente interconnessa dal punto di vista digitale.

Questo fenomeno riguarda bambini o pre-adolescenti seguitissimi sul Web. Il problema principale è che i bambini sono, per natura, incapaci di prendere decisioni in maniera del tutto consapevole. Nell’immaginario collettivo, infatti, i bambini sono visti come anime pure, lontane dai meccanismi di successo e dal desiderio di fama. Così non è, però, per i baby influencer: essi sono in grado di fare migliaia di like e di visualizzazioni, di influenzare appunto le masse. Spesso essi sono figli di volti già noti al mondo televisivo o al mondo dei social network, mentre altre volte si tratta di bambini che sono riusciti a fare di una piattaforma digitale il proprio habitat e a creare autonomamente una propria community fedele. 

Ma perché i genitori permettono ai propri figli di approcciarsi a Internet a un’età così giovane? Da un punto di vista legale sono infatti i genitori, i tutori dei minori e hanno il dovere di autorizzare la pubblicazione di contenuti online. Quindi perché permettere questo tipo di esposizione sui social che potrebbe rappresentare una fonte di pericolo? 

Il fenomeno dei baby influencer, nato in America, è ormai largamente diffuso anche in Italia. Per esempio, 202mila, 59mila e 34mila sono i numeri di followers dei profili Instagram dei figli di Mariano Di Vaio, noto modello e fashion blogger da 6,5 milioni di seguaci, ed Eleonora Brunacci, ora in attesa di una bambina. I due hanno deciso di aprire degli account social a nome dei figli a pochissimi giorni di distanza dalla loro nascita. Se da un lato i fan hanno apprezzato questa scelta perché interessati e ormai “affezionati” alla loro vita privata, dall’altro lato non sono mancate le critiche. I profili di Nathan Leone, Leonardo Liam e Filiberto Noah sono gestiti dai genitori (in bio, infatti, è presente la mail della madre): è evidente, quindi, che non sono i bambini a contrattare direttamente con i brand che propongono collaborazioni o sponsorship. Tuttavia, secondo quanto dichiarato dallo stesso Di Vaio, lo scopo non è quello di lucrare sulla nascita dei propri figli, bensì quello di condividere con i propri seguaci la gioia dell’essere diventati genitori. Ma una domanda sorge spontanea: non avrebbero potuto farlo attraverso i loro profili personali? 

Un altro caso è quello di Leone Lucia Ferragni, figlio di Chiara Ferragni e Fedez, che non possiede un profilo social personale ma ha già tantissime fanpage a lui dedicate. Anche la sorellina Vittoria non è scampata all’occhio dei riflettori ed è ormai nota ai 25 milioni di followers internazionali di Chiara. La coppia pubblica costantemente foto e video della propria quotidianità. Gli spezzoni di vita familiare condivisi dai Ferragnez risultano essere anche molto divertenti tant’è che sono ormai diventati i soggetti di numerosissimi meme.

Quello che preoccupa di più è la disponibilità di numerosi brand a collaborare con i baby influencer al fine di sponsorizzare i propri prodotti: ciò rischia di mettere in seria discussione l’etica e i valori aziendali. Perché guadagnare approfittando di bambini e/o pre-adolescenti, spesso ignari delle possibili ripercussioni dovute all’uso della propria immagine?

Rebecca Corcelli