I social network sono diventati in poco tempo un mezzo abituale d’informazione ed espressione delle persone. Il loro punto di forza è quello di permettere la creazione di un proprio profilo e la connessione con altri utenti. Oltre a condividere notizie rapidamente, queste piattaforme hanno portato ad una vera e propria rivoluzione nel mondo dei media tradizionali arrivando, talvolta, a sostituirli. Con il passare del tempo, i social hanno saputo adattarsi alle molteplici realtà lavorative, diventando indispensabili per esse ed introducendo nuove professioni. Per alcune aziende, addirittura, non essere presente in rete significa rinunciare ad una fetta importante di mercato. Per indagare più profondamente sull’utilizzo dei social negli ambienti di lavoro, ho deciso di intervistare quattro esperti di comunicazione. Ho cominciato da due giornalisti: Andrea Monti ed Emanuele Farneti, poi ho chiesto il parere di Lucrezia Brambilla, co-responsabile del corporate image departement di Gucci e Valentina Cavenaghi, commercial and communication director per Bsamply.
Ho domandato loro come le loro aziende utilizzino la rete. Valentina Cavenaghi ha affermato che per loro, una start-up emergente, essere presenti online è fondamentale. “Ci sono canali social più in target o che portano più risultati a livello di engagement, però, penso che qualsiasi azienda debba essere presente sul web. Con un costo notevolmente ridotto di budget, divulgazione e visibilità i social hanno reso tutto più semplice ed immediato”. Anche per i periodici tradizionali l’online è diventato essenziale:“Trovo interessante questa nuova comunicazione con i consumatori. Spesso dai contenuti e dalle critiche online nascono idee. Grazie alla rete Vogue riesce a raggiungere una platea di circa 9 milioni di persone, di cui quasi 5 solo su Instagram” ha dichiarato Farneti, indicando poi Instagram come la vetrina più importante per il periodico.
Persino una grande maison come Gucci ha bisogno della rete per vivere: “Gucci si appoggia a tutti i social. Quando sviluppiamo un progetto o il lancio di un prodotto, i social che lo promuovono servono a creare una conversazione con l’utente, ad avvicinarlo a noi. In più, abbiamo un segmento focus sulla generazione Z e i social sono fondamentali per raggiungerla. Ultimamente ci siamo buttati in nuove piattaforme come TikTok”. Dall’altro lato, Andrea Monti ha fornito una visione più universale, dichiarando che: “I social evolvono perché evolvono le generazioni che li usano. La rete tende ad abbassare il livello del target d’età e a diventare sempre più semplificatoria. TikTok è molto diverso da Instagram. Ci sembra stupido, è nato come strumento di intrattenimento puro. Però sta già evolvendo. Le aziende si sono accorte che si tratta di un cluster in cui si trova un target molto importante”.
Cosa ci aspetterà nel futuro? Sicuramente il mondo mediatico e della comunicazione tra azienda e consumatori sarà più interattivo: i clienti si sentiranno più parte dell’esperienza. Al contrario, secondo Cavenaghi, questi canali e tipo di interazione andranno pian piano a scemare perché l’uomo non è pienamente cosciente di quello che è il digitale a livello di trasmissione di un messaggio. Monti ha concluso spiegando che “Il web si porta dietro qualcosa di nuovo che nell’era dell’informazione analogica non c’era: i big data, che determinano scelte di comportamento e politiche enormi. Come evolverà il mondo della comunicazione? La risposta è chiusa dentro ai server dove si accumulano i nostri dati. La faremo evolvere noi come collettivo o sarà la Comunicazione a far evolvere la società?”.
Come finirà non possiamo saperlo. Sicuro è che i social network fanno ogni giorno sempre più parte delle nostre vite influenzando e permeando ogni ambiente e contesto in cui ci troviamo, ma sarà davvero tutto oro quel che luccica?
Beatrice Cantù