LA RIVOLUZIONE SOSTENIBILE DI ID.EIGHT: SNEAKERS TUTTE ITALIANE DI GOMMA RICICLATA E BUCCE DELLA FRUTTA

“Foglie di ananas, raspi e semi d’uva, bucce e torsoli di mele, cotone biologico e plastica riciclata, sono le materie prime che compongono le sneakers ID.EIGHT” – così si presenta il brand, l’anima tra il coreano e il meneghino.

Ha ancora senso parlare di moda e sostenibilità? Sembra retorico continuare ad abusare di queste argomentazioni: si fa presto a disilludersi, scontrandosi tutti i giorni con campagne greenwashing massive spacciate per “metamorfosi di sistema”. Abbiamo bisogno di un altro paio di sneakers, siano pure realizzate in torsoli della frutta e polvere di fata?

Secondo uno studio della Ellen MacArthur Foundation, sono circa 500 miliardi di dollari quelli che vengono investiti annualmente nell’acquisto di capi d’abbigliamento che verranno gettati o indossati solo un paio di volte, per poi non essere nemmeno riciclati.

Non è concepibile boicottare il “sistema moda”, no: il male non risiede certamente in essa, ma nella bulimia che guida il nostro modo di esperirla. Anche le grandi catene di fast fashion hanno mosso i primi, timidi passi nella direzione di una produzione meno nociva per la forza lavoro ed il pianeta, ma ad oggi possiamo tranquillamente affermare che le vie più etiche di acquistare dei capi d’abbigliamento siano, nell’ordine:

  1. Non acquistare.
  2. Comprare vintage e second hand.
  3. Favorire i brand che mettono in atto pratiche di upcycling sostenibile – con un occhio alla “truffa” delle infinite rilavorazioni.
  4. Prendere le sneakers di Dong Seon Lee e Giuliana Borzillo, perché sono state realizzate a partire da una mission di sostenibilità che coinvolge la supply chain dalla A alla Z.

Dong, laureato a Seoul ed in seguito stilista per un brand di calzature in Germania, incontra Giuliana ad una fiera di categoria nel 2017; una laurea al Polimoda lei, in seguito product manager per un noto marchio italiano. Danno inizio ad una fertile collaborazione creativa che risulta in design minimali, che strizzano l’occhio al grande pubblico e alle esigenze di passerella.

I due designer, da subito, trovano un modo per sabotare le regole del gioco e non piegarsi alle logiche del fast fashion: con un animo rivoluzionario e un reparto R&D ben finanziato, danno vita a calzature futuristiche, da scarti agroalimentari e plastiche mai vergini – certificando il tutto con un meraviglioso bollino cruelty free, e compensando i danni della logistica distributiva.

Nel dubbio, la scelta più saggia rimane non comprare. Ma, davanti alla tentazione dell’ennesimo paio di Stan Smith, meglio tenere in considerazione ID.EIGHT.

Isabella Leto