Non di rado sui social vengono censurati corpi femminili, in particolare quelli che mostrano il seno, impedendo a molti artisti – soprattutto fotografi – di esprimere al 100% la propria arte e talento.
A partire da questo presupposto CHEAP, un progetto di public art bolognese, ha collaborato con School of Feminism per sensibilizzare in ambito sia culturale che politico una società che ancora oggi vive condizionata da dogmi e strereotipi di ogni tipologia, che si estendono anche al mondo dei social media. “Il tuo post non rispetta le nostre linee guida della community: rimozione per nudo o atti sessuali”. Questa è la frase che appare ogni volta che su Instagram viene pubblicata una foto, anche di tipo artistico, raffigurante un corpo nudo o una porzione di esso.
La campagna è proseguita anche su Facebook che, purtroppo, ha deciso di oscurare tutti i contenuti della campagna ritenendoli inappropriati, il che conferma la necessità di attuare quanto più presto possibile un ripensamento degli standard dell’algoritmo. La questione del nudo e dell’algoritmo era già emersa qualche mese fa, quando Freeda Media, forte del sostegno di molte modelle ed influencer, era riuscita a farsi ascoltare da Instagram, che ha poi deciso di modificare il proprio algoritmo in modo da far sì che tutti i corpi venissero rappresentati. Questo fatto ha costituito certamente un passo in avanti per quanto riguarda il tema dell’inclusività, ma non ha purtroppo risolto completamente il problema.
Tornando allo shadowban attuato da Facebook nei confronti dei contenuti della campagna di CHEAP, la riflessione è nata in modo naturale: perché solo l’immagine del seno di una donna viene censurata, mentre quella di un uomo non viene considerata come inappropriata? Perché l’immagine di una donna che allatta è considerata tabù quando in realtà si tratta di un’azione naturale e priva di contenuto sessuale? Queste domande ci ricordano anche che il corpo femminile, durante gli anni, è sempre stato tenuto nascosto.
Se sui social si può segnalare e oscurare un’immagine, nella vita reale questo (fortunatamente) non è stato possibile: le strade di Bologna si sono riempite di poster con grafiche ed immagini ispirate a Pechos Fuera, un libro che verte sulla rappresentazione dei seni nella storia dell’arte e della comunicazione visiva tenendo in considerazione la componente politica e sociale.
Le menti dietro al progetto CHEAP si sono poste vari interrogativi che portano a riflettere sulla funzione dell’algoritmo, che dovrebbe essere reso più umano e meno meccanico, anche perché la domanda è lecita: secondo quali criteri riesce a distinguere un seno femminile da uno maschile? E soprattutto, perché gruppi che inneggiano alla violenza difficilmente vengono rimossi dalle piattaforme mentre un nudo artistico sparisce in due secondi?
Domande lecite su cui tutti noi dovremmo riflettere nella speranza che l’algoritmo delle piattaforme social smetta di mantenere una mentalità medioevale.