DISCRIMINAZIONE E PREGIUDIZI: LA RAPPRESENTAZIONE DELL’AIDS NEL CINEMA MONDIALE

Come vari aspetti della vita umana, anche l’AIDS e l’omofobia sono riusciti ad attirare l’attenzione di cineasti mondiali, riscuotendo grande successo. Ed è proprio per questo che vale la pena citare Philadelphia, film che ha segnato gli anni Novanta entrando in modo diretto nella storia del cinema mondiale.

Discriminazione e stigma sono spesso sintomo di scarsa sensibilizzazione alle tematiche, di limitata informazione, ed è per questo che è importante combattere l’ignoranza attraverso i mezzi che sono in grado di raggiungere ampie masse.

Nonostante il passare degli anni, queste problematiche sono rimaste dei veri e propri tabù e proprio per questo il cinema ha cercato in qualche modo di far fronte ad un possibile arretramento culturale, proponendo lungometraggi che si focalizzano su questi aspetti. Ad oggi notevoli sono i miglioramenti sul piano delle conoscenze medico-scientifiche: essere in uno stato di sieropositività non significa più essere ‘malati terminali’, bensì, nella maggior parte dei casi, avere uno status sierologico cronicizzato che, grazie alle terapie a disposizione, permette di condurre una vita sociale, lavorativa e sessuale serena. Ciò nonostante, sul piano individuale e sociale continuano a verificarsi alcune discriminazioni subite e percepite, spesso fondate su pregiudizi.

Il film prende ispirazione dalla metropoli della Pennsylvania Philadelphia, ambientazione che il regista Jonathan Demme sceglie per il film. È facilmente comprensibile che il regista abbia voluto portare lo spettatore a riflettere riguardo tematiche importanti per gli americani: la libertà, il rispetto del valore di ciascun individuo nella società e la protezione della dignità di ciascuno.  E questo lo possiamo notare dal titolo, che rimanda al simbolo della democrazia americana: non è un caso che proprio questa città fu la capitale nazionale, il luogo in cui vennero stampati il primo periodico e il primo quotidiano e, infine, il luogo in cui venne firmata la Dichiarazione d’Indipendenza Americana.

Andrew Beckett, protagonista del film, è un giovane avvocato di grandi capacità che lavora presso lo studio legale di Charles Wheeler, il più importante di Philadelphia. É affetto da AIDS e ben presto i suoi datori di lavoro si accorgono di questa condizione. Non tollerando la presenza di un omosessuale nel loro studio affetto da una malattia ancora reputata inguaribile, cercano di ostacolare la carriera del giovane e simulano un licenziamento per giusta causa.

Il giovane stesso è convinto che si sia trattato di un pretesto costruito appositamente per poterlo eliminare. Dunque, avendo compreso la reale ragione del suo licenziamento, tenta allora di intraprendere una causa contro i suoi ex datori di lavoro per discriminazione, collaborando con l’avvocato Miller.

La malattia e l’omosessualità e allo stesso tempo il decadimento e la morte sono presenti nel film, ma assumono un ruolo di secondo piano in quanto vengono sovrastati dall’esigenza del diritto, dalla pretesa di giustizia e, cosa non meno importante, dalla pretesa di riscatto della dignità umana.

Nonostante l’avvocato Miller avesse inizialmente numerosi pregiudizi nei confronti degli omosessuali che lo spingevano a rifiutare la collaborazione con Andrew, in seguito decide di reagire, non trovando corrette le ingiustizie contro il giovane. Dunque, credendo fermamente nella legge e nel suo rispetto, prende a cuore la causa.

Durante la fase finale del processo, che dura un anno, Andrew ha un grave malore e crolla a terra. In fin di vita, viene immediatamente ricoverato, ma morirà poco dopo.

Nonostante la disgrazia, fortunatamente la sentenza verrà pronunciata in suo favore e gli sarà concesso un risarcimento per discriminazione e danni di quattro milioni e mezzo di dollari.

Viviana Cunati