“CALABRIA. TERRA MIA”. UNA COMUNICAZIONE POCO EFFICACE?

Mare, infiniti agrumeti, borghi arroccati, una fotografia vintage… no, non parliamo de Il Padrino di Francis Ford Coppola, ma del cortometraggio di Gabriele Muccino che nelle scorse settimane ha creato non poche turbolenze nel web (e non solo).

Commissionato da Jole Santelli, il cortometraggio di Muccino, in un periodo in cui il settore del turismo è piuttosto sofferente, avrebbe dovuto fare da cartolina ad una meravigliosa regione raccontandone e promuovendone le bellezze, ma il risultato non è stato quello sperato. Uno spot fin troppo stereotipato, come sottolineato da numerosissimi utenti del web, che non rende affatto giustizia alla regione cui è dedicato ma che, al contrario, fa storcere il naso ai suoi abitanti. Uno spot che, piuttosto che valorizzare l’identità calabrese, lascia trapelare un’immagine decisamente antiquata e anacronistica in cui gli stessi calabresi non riescono a sentirsi rappresentati.

A guidare lo spettatore in quella che doveva essere un’indimenticabile esperienza calabrese sono Raoul Bova e Rocío Muñoz Morales: l’attore, effettivamente di origini reggine, secondo il copione avrebbe dovuto raccontare alla compagna la sua infanzia insieme alla storia e il fascino di quella terra. Eppure, sin da subito, sembra promuovere tutt’altro.  Protagonisti di inquadrature e conversazioni diventano gli agrumi: dai bergamotti alle clementine, è questo ciò di cui i due protagonisti parlano continuamente, che strappano dagli alberi e mangiano indifferenti fra le vie di vecchi borghi. Una presenza che, alle volte, assume tratti asfissianti. È vero, il bergamotto è una delle tipicità della Calabria, ma decidere di riproporlo in ogni inquadratura potrebbe sembrare piuttosto ridondante, oltre che confondere lo spettatore dal vero intento dello spot.

Ma a lasciare davvero amareggiati gli spettatori è stata la decisione di mettere in scena e promuovere, insieme a bergamotti e clementine, cliché e luoghi comuni che ormai ritenevamo oltrepassati. Siamo agli sgoccioli del 2020 e la scelta di ritrarre i giovani calabresi in calzoni, bretelle e coppola potrebbe risultare piuttosto fuori luogo, così come il contadino che passeggia con i due asinelli sotto la finestra dei due attori. L’immagine di un sud Italia poco industrializzato e ancora fortemente basato su un’economia rurale non si dimostra affatto allettante. Quella del corto di Muccino è una comunicazione poco efficace perché, oltre a non cogliere i veri tratti rappresentativi della Calabria, dà la sensazione di non essere nemmeno in grado di poterli valorizzare. Al contrario restituisce un’immagine ed una rappresentazione retrò e stereotipate che, probabilmente, potrebbero funzionare solo per un pubblico non italiano piuttosto affascinato dai gangster movie degli anni ’70.

Il cortometraggio non ha sollevato solamente reazioni e critiche da parte di utenti, calabresi e non solo, ma a prendere posizione sono stati anche diversi giovani creativi e registi esordienti fortemente attivi sul web. Claudio Di Biagio (regista, autore ed ex youtuber, come lui stesso si definisce) rimprovera non solo la scelta della regia da parte della Giunta Regionale ma anche, e soprattutto, il timore e lo scetticismo nei confronti dei nuovi metodi di comunicazione e di chi li porta avanti. Ormai da tempo le nuove generazioni di registi e di creatori stanno dimostrando sul web di essere in grado di presentare contenuti incredibilmente innovativi ed originali, sia nella forma che negli strumenti utilizzati. Eppure, ancora in certe occasioni si fatica a prenderli sul serio e a riconoscerne il vero talento, sancendo una vera e propria distinzione fra i tradizionali e i nuovi sistemi mediali. Si pensi a quanto sia scarsa la considerazione nei confronti di alcuni influencer o altri professionisti del web da parte di ancora troppe persone.

Il nome di Muccino, forse, rappresentava per la Giunta calabrese una garanzia per ottenere una comunicazione coinvolgente e stilisticamente riuscita, ma è evidente che alcune scelte comunicative, fortemente ancorate ad immagini tradizionali, non trovano più riscontro e persuasività nella sempre più esigente ed aggiornata audience contemporanea. Forse è arrivato il momento di rinunciare ai vecchi metodi comunicativi non più indiscutibilmente efficaci e accettare con meno riluttanza l’estro e l’innovazione delle nuove personalità creative.

Mariasilvia Scuderi