Giovani sognatori, energici, ansiosi, dominati da aspirazioni, ostacolati da mostri interiori, animati dalla voglia di vivere. Generazione anche conosciuta come di Greta Thunberg o generazione Covid-19. L’ecosistema giovanile è davvero ampio e a parlarne – in occasione di un webinar sul tema della generatività sociale «Sognare con le mani: i giovani e un nuovo inizio possibile» – ci sono lo psicoanalista Luigi Zoja e la sociologa Chiara Giaccardi. Due prospettive a confronto.
Essere giovani oggi significa affrontare sfide continue e avere la capacità di correre alla stessa velocità del tempo, delle tecnologie e dei cambiamenti. Quello che emerge osservandoli è la loro eterogeneità in termini di comportamenti assunti. I giovani sembrano, infatti, avere l’anima polarizzata tra gioia e disperazione, semplicità e complessità, paura e coraggio. Certa è la loro vitalità che li rende i veri protagonisti del futuro di una società.
Durante la pandemia le incertezze si moltiplicano, il futuro è ipotecato poiché nulla appare certo. I giovani sono tra le principali vittime dello stravolgimento che colpisce le abitudini, i progetti, i sogni. Dunque, come si sentono?
Secondo lo psicoanalista Luigi Zoja, la generazione in analisi per prima cosa vive un rapporto complicato con la sessualità. Tutto nel mondo della pornografia sembra essere disponibile e specialmente la donna appare essere quasi “selezionabile” a piacimento. «Prima un bambino aveva come riferimento i genitori oggi, invece, cresce ricevendo migliaia di immagini al giorno proposte come ideali che opacizzano il rapporto autentico tra i sessi». La gioventù di oggi sembra poi reclusa in un mondo utopico e virtuale in cui «i sogni si scrivono nelle note dell’iPhone».
Scarsa pienezza poiché è il troppo ad essere a disposizione nell’era digitale. Spesso ci si ferma in superficie ed appare poca la curiosità a causa delle infinite possibilità. «Nella società odierna tutto è disponibile e ci si accontenta prima. Ecco la mancanza di profondità che genera, nell’inconscio, repressione e insoddisfazione. Avere più beni non significa essere appagati».
Stando a tale linea di pensiero la situazione giovanile appare reale quanto abbastanza sconfortante. Dove sta la contraddizione?
A spiegarlo la sociologa Chiara Giaccardi che mette in luce l’altro volto dell’incredibile Generazione Zeta. I giovani non sono tutti e solo incastrati nel buco nero del dietro lo schermo, ma sono detentori di autorialità e creatività, alla ricerca di una costante concretezza in grado di attribuire senso alla loro quotidianità. Da questo deriva il quasi ossimoro “sognare con le mani”, attitudine che contraddistingue i ragazzi di oggi che pensano in grande ma, allo stesso tempo, non bramano il successo vero e proprio. Quello a cui aspirano è piuttosto «una pienezza che, proprio perché non si realizza, permette di non smettere mai di essere ricercata».
I giovani, inoltre, hanno tutte le capacità necessarie per trarre lezioni di vita dalla pandemia e uscirne migliori. Per tale motivo, infatti, la classe genitoriale dovrebbe educare i propri figli al rischio, in quanto essi sono capaci di affrontarlo. «Il rischio è proprio amare la vita così tanto da non avere paura di morire. La morte ci deve far vedere la vita con più consapevolezza. La profondità, infatti, non è il sogno di immortalità, ma la capacità di trasformare il limite come spinta per compiere un nuovo passo».
In conclusione, allora, chi sono i giovani? La risposta è semplice: una fusione intima tra gioia e dolore, come tutti gli esseri umani. Una fusione intima tra il punto di vista di uno psicoanalista e quello di una sociologa.