Ho avuto il piacere di intervistare la Professoressa Giulia Innocenti Malini e quattro delle sue studentesse per parlare di un progetto sviluppato in relazione al laboratorio di teatro da lei tenuto per il corso di laurea triennale COMES (Comunicazione e società).
Ci potete raccontare in breve come è nata l’idea della pagina Instagram “social_quarantine”?
Prof.ssa Malini: Di fatto Instagram, attraverso i lavori che abbiamo fatto, è risultato un mediatore che è molto “nella vita” delle persone, sempre ma probabilmente ancora di più in questo momento, quindi è diventato una sorta di palcoscenico naturale. Sarebbe stato molto più innaturale farlo dal vivo! È stata una scelta drammaturgica utilizzare un ambiente familiare per poter esprimere dei lavori fatti in gruppo. Rispetto ad altri palcoscenici mediatici, è stata una scelta precisa molto commentata durante le lezioni.
Letizia Anelli: Quando abbiamo fatto le lezioni online ci siamo accorti che sarebbe stato difficile creare una performance collettiva a distanza. Quindi ci siamo divisi in piccoli gruppi e abbiamo deciso di usare Instagram per mostrare i nostri video.
Rebecca Reggiani: La scelta di creare una sorta di palcoscenico virtuale su Instagram è stata fatta per trovare un modo in cui realizzare una performance per ogni gruppo in una cornice unica che raccogliesse il tema generale e che potesse seguire un filo conduttore più ampio.
Recitazione, canto, classici Disney: ce n’è per tutti. Parliamo di creatività a 360°. Ci potete svelare i “dietro le quinte”? Come funziona l’ideazione di questi piccoli spettacoli social?
Rebecca Reggiani: Di fondo l’idea di sviluppare la creatività ci è stata suggerita in primis dalla professoressa, per cercare di tirare fuori la massima creatività senza aver paura di sbagliare. Ci è stato anche spiegato come creare una sorta di “effetto spiazzamento” pur parlando di cose che in realtà sono concrete e reali, ma cercando di farlo in modo diverso dal solito.
Matilde Poletti: Il nostro sottogruppo ha voluto mettersi in gioco cantando La canzone del sole di Lucio Battisti che si adattava al messaggio che volevamo comunicare: il body shaming.
Letizia Anelli: È stato tutto molto naturale e spontaneo perché sono dei temi in cui ci siamo davvero riconosciuti!
Sono molti i temi che vengono affrontati: autolesionismo, dipendenza da cellulare, body shaming verso le donne. Secondo voi veicolare messaggi così importanti attraverso Instagram è una scelta vincente?
Prof.ssa Malini: È stata una scelta coerente da tutti i punti di vista e anche spiazzante perché mi sono dovuta iscrivere a Instagram! Ho trovato molto interessante e anche una scoperta capire quante risorse può offrire ad alcune performance individuali. Come tutti i media, come il teatro, può avere tante funzioni, anche una di tipo educativo e certamente in questa direzione andava l’idea di questa pagina.
Matilde Poletti: Instagram è il social più utilizzato da noi giovani, soprattutto in questo momento. Sono spunti di riflessione che diamo ai ragazzi di oggi e messaggi che possono essere recepiti in maniera positiva ed educativa.
Come mai la pagina del progetto è stata cancellata dopo 24 ore?
Prof.ssa Malini: Il fatto di aver scelto di far durare questa pagina soltanto 24 ore ha qualcosa a che fare con la performance, che non è quasi mai un’esperienza che si replica, definitiva ma che ha proprio questa caratteristica di essere una tantum. Tu la fai e quello che succede succede quindi è stato anche questo molto interessante, malgrado tanti ci abbiano chiesto come mai non ci fosse più!
Silvia Gherardi: È stato anche un modo per cercare di trasformare il laboratorio di teatro nel digitale, ma senza rivoluzionarlo troppo. Uno dei problemi dei social è che tutto quello che noi postiamo, per quanto possa sembrare volatile, in realtà è permanente. Così abbiamo rotto questo meccanismo, in cui di solito siamo abbastanza incatenati.
Questo progetto è nato un po’ per necessità. Possiamo aspettarci che verrà riproposto anche in tempi di “normalità”?
Prof.ssa Malini: La possibilità di utilizzare questo tipo di mediazione è stata sempre data durante il laboratorio, tanto è vero che spessissimo sono stati realizzati dei video che poi sono stati utilizzati insieme ad altri linguaggi in presenza. Detto questo, credo comunque che l’esperienza in presenza sia insostituibile, soprattutto nell’ambito della creatività. Semmai sono cose che si possono certamente integrare. L’altra cosa interessante è poter avere all’interno del palinsesto della proposta universitaria delle attività in cui ci si può esprimere. In questo momento in cui si apprende dal video c’è bisogno di esprimersi, di portare la propria voce ed essere creativi, che di fatto vuol dire sentirsi vivi!
Questa esperienza è stata insomma una scoperta, un’esperienza che è riuscita a stupire e a unire tutte le persone coinvolte, a dimostrazione che anche in situazioni di difficoltà la creatività può essere la spinta per un cambiamento!