EUROPE SHINE A LIGHT: L’EUROVISION CHE UNISCE NONOSTANTE LA DISTANZA

Quello con l’Eurovision era un appuntamento fisso ormai da diverso tempo: l’edizione di quest’anno si sarebbe dovuta tenere a Rotterdam tra il 12 e il 16 maggio 2020, ma l’emergenza Coronavirus ha scombinato tutti i piani, costringendo la manifestazione a reinventarsi – almeno per quest’anno – con un nuovo format: Europe shine a light.

Ma partiamo dall’inizio. L’Eurovision Song Contest, questo il nome completo della kermesse musicale, nasce nel 1956 dall’idea di creare una competizione canora che coinvolgesse inizialmente diversi Paesi europei, sul modello del Festival di Sanremo. Negli anni, tuttavia, hanno gareggiato anche nazioni geograficamente al di fuori dell’Europa, dal Marocco all’Australia: la condizione per prendere parte alla gara, infatti, è essere un membro attivo dell’Unione Europea di Radiodiffusione (UER). Dato il numero sempre più alto di partecipanti, la competizione prevede due semifinali a cui presenziano tutti i Paesi con l’eccezione del Paese ospitante e dei Big Five (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito) che accedono direttamente alla finale; a decretare il vincitore assoluto, alla fine, è il voto congiunto di giuria e pubblico (che non può votare per il proprio Paese).

Con oltre 180 milioni di spettatori, l’Eurovision è lo spettacolo televisivo non sportivo più visto al mondo ed è vissuto spesso come un momento di orgoglio e unione nazionale, con una tifoseria che tra meme, rivalità storiche ed emozioni è paragonabile a quella dei mondiali di calcio. In seguito all’annuncio della sua inevitabile cancellazione dovuta all’emergenza COVID-19, le pagine ufficiali dell’ESC sono state subissate di migliaia di messaggi di affetto e vicinanza, ed è così che è stato deciso di esplorare la possibilità di mandare in onda un’edizione “alternativa”, così da non interrompere una tradizione che prosegue da ormai 64 anni.

Nessun televoto e nessun vincitore per Europe shine a light, una serata trasmessa dalla città olandese di Hilversum che ha riunito virtualmente quelli che avrebbero dovuto essere i partecipanti di quest’anno: a susseguirsi sugli schermi sono canzoni in pillole e soprattutto i messaggi degli artisti, parole di amore, unità e speranza che invitano tutti a resistere e sperare in questo momento difficile. A rappresentare l’Italia è ovviamente Diodato, reduce dal trionfo di Sanremo, che si è esibito sulle romantiche note di Fai Rumore in un’Arena di Verona illuminata dal tricolore e suggestivamente deserta.

Non una competizione, dunque, piuttosto un omaggio alla musica in quanto linguaggio universale che accorcia le distanze e accomuna l’Europa e il mondo intero. Emblema di questo forte messaggio è Love shine a light, canzone di Katrina & The Waves vincitrice dell’edizione 1997, scelta come chiusura e ispirazione per il nome stesso del programma: i rappresentanti dei 41 Paesi di questa edizione hanno unito le proprie voci per raccontare di solidarietà e fratellanza, cantando che “accenderemo una luce tutti insieme”.

Esattamente come l’Eurovision, trasmesso in prima visione su Rai Uno in Italia e commentato su molti social, anche Europe shine a light ha monopolizzato le tendenze di Twitter – seppure non con gli stessi impressionanti numeri dello show originale – sia a livello nazionale che mondiale. Questa sentita partecipazione popolare non è che l’ennesima conferma del potere unificante della musica e di quanto la quarantena abbia acuito il desiderio di vivere l’esperienza musicale in modo comunitario e “normale”, cioè condividendo un abbraccio sotto a un palco.

Paola Galbusera