Il sistema moda, per come lo conosciamo, deve reinventarsi per poter affrontare questa crisi senza precedenti. I leader del settore identificano la sostenibilità e l’innovazione come i trend necessari per garantirne la sopravvivenza.
Questo stop forzato ha portato molte persone a riflettere sui ritmi incessanti dei tempi moderni e sulla necessità di rinnovarsi per ripartire con il piede giusto nello scenario post Covid-19. Tra i molti, Alessandro Dell’Acqua afferma al Corriere della Sera “Troppe collezioni, ci stiamo rendendo conto che tutti questi vestiti non servono”. Lo stesso messaggio viene condiviso da Giorgio Armani in una lettera al mondo della moda “Questo sistema, spinto dai department store, è diventata la mentalità dominante. Sbagliato, bisogna cambiare, questa storia deve finire” e da Brunello Cuccinelli in uno scritto agli operatori del sistema “Il tempo nuovo sarà per noi l’occasione affascinante per rimettere insieme un rapporto virtuoso tra umanesimo e tecnologia, tra spirito e armonia, tra profitto e dono”. Gli imprenditori italiani concordano sulla convinzione che questo momento turbolento possa rappresentare un’opportunità per allentare la produzione ed avviarsi verso lo slow fashion, un approccio consapevole alla moda che si oppone alla tendenza usa e getta del sistema consumistico. La rivisitazione della catena del valore pone il focus sulla necessità di una produzione più sostenibile, sia a livello etico che ambientale, che indirizzi verso un consumo più informato e responsabile, abbandonando il superfluo a favore dell’autenticità.
Il rinnovamento del sistema moda italiano è un processo che, seppur già avviato da diversi anni, negli ultimi mesi ha vissuto un’accelerazione senza precedenti che ha portato alla digitalizzazione diffusa della cultura del Made in Italy. Per mantenere la produttività, le vendite e il senso di comunità attorno al marchio si è rivelato di fondamentale importanza il digitale come supporto alla catena di distribuzione, dallo scoppio dell’epidemia, infatti, la sopravvivenza dei brand è dipesa dal lavoro da remoto, dalle piattaforme di comunicazione online e dagli e-commerce. Anche le settimane della moda e le fiere, eventi che tradizionalmente permettevano la relazione tra marchi, partner commerciali e consumatori, sono state sostituite dall’interscambio virtuale, aprendo così la possibilità a modalità alternative da riproporre in futuro.
L’annuale rapporto “The State of Fashion 2020”, che analizza le distorsioni del mercato dovute all’emergenza sanitaria, identifica il settore moda come uno tra i più impattati dall’inizio della pandemia, con previsioni di perdita per quest’anno pari addirittura ad un terzo del proprio valore. In questi scenari complessi e incerti, il rafforzamento o il crollo delle diverse attività dipenderà sostanzialmente dalla capacità di rispondere adeguatamente e rapidamente alle urgenze, pianificando strategie a lungo termine tramite scelte ponderate e consapevoli.
Queste giornate senza adrenalina ci hanno costretto a riflettere su quanto i produttori, i venditori e i consumatori abbiano un comune denominatore: rispetto, responsabilità e onestà intellettuale. Parole che non saranno più soltanto “di moda” ma che dovranno rappresentare la nuova “Moda”.