Experience the unexpected, questo il claim della decima edizione dell’Affordable Art Fair, la fiera d’arte che ti invita a comprare la tua prima opera d’arte, e dare il via a una tua personale collezione.
La domanda sorge spontanea: come potrebbero invogliarti a comprare delle costosissime opere d’arte? Il concetto è semplice: abbassare tutte le barriere che un appassionato o un possibile neo-collezionista si trova di fronte all’arzigogolato, e poco accessibile, mondo dell’arte. Gli ostacoli da superare sono i seguenti:
- Informazioni poco trasparenti riguardo il prezzo dell’opera in oggetto.
- Atmosfera spiccatamente alta dell’ambiente colto dedito all’attività collezionistica.
- Prezzi delle opere d’arte troppo alti per collezionisti alle prime armi.
L’Affordable Art Fair nasce nel 1999 da un’idea di Will Ramsay, con lo specifico intento di rendere più accessibile il mercato dell’arte. La fiera, svoltasi dal 7 al 9 febbraio a Superstudio Più, ha ospitato ottantadue gallerie, italiane e straniere, che nei loro stand hanno esposto opere di natura principalmente pop, con la street art indiscussa protagonista, ma anche opere di fotografia, manga e venato surrealismo. Le risposte della fiera meno patinata del mondo artistico, alle barriere individuate all’inizio, sono le seguenti:
- Ogni opera esposta all’AAF presenta evidente il suo prezzo.
- Atmosfera friendly con aree di aperitivo, sala conferenza, area bimbi, stroller hour pensata appositamente per le famiglie con passeggini.
- Le opere esposte e vendute all’AAF non possono costare più di 7500 euro.
La fiera ha pensato anche ad alcune conferenze in cui le principali figure professionali hanno discusso i nuovi trend all’orizzonte, oltre che le nuove professioni. Particolarmente interessanti sono stati due appuntamenti, che si sono tenuti rispettivamente venerdì 7 e sabato 8 febbraio, il primo aveva come focus il mercato dell’arte “immateriale”, ha trattato la pervasività della tecnologia nel mondo artistico, dal punto di vista artistico, ma anche legale e organizzativo. Il secondo, invece, ha presentato le nuove professioni, le più importanti delle quali ci riguardano in prima persona: il digitale ha reso possibile lo svilupparsi di nuove figure, accanto a quelle tradizionali dell’artista e del critico d’arte. I luminari in questo settore sono, per esempio, il Metropolitan Museum of Art (MET) oppure il Getty Research Institute, istituzioni che per prime hanno avviato una significativa introduzione del digitale nelle loro collezioni, nonché nei loro dipartimenti organizzativi.
Istituti artistici e culturali cercano, quindi, i nostri profili da comunicatori per aumentare il loro pubblico, per migliorare la user experience, per veicolare messaggi ricchi di significato, che possano portare diversi punti di vista e nuova linfa a settori spesso ancorati a meccanismi tradizionali.