Cosa ci fa il fondatore della neonata catena di pasta Miscusi, Filippo Mottolese, con il nuotatore della nazionale italiana, Luca Marin, e con Ottavio Missoni, proprietario della omonima casa di moda? Sono tre dei trentatré imprenditori under 40 che hanno preso parte al progetto UNICEF Next Generation Italia, nato dal desiderio di UNICEF di avvicinarsi ai Millennials e alla generazione Z, che consumano, comunicano, si intrattengono e, perché no, donano in modo diverso.
In occasione dell’evento “Startup going up”, tenutosi lo scorso 15 novembre nello stimolante contesto del trentanovesimo piano di Palazzo Lombardia, Elisabetta della Croce del team fundraising di UNICEF, insieme all’imprenditore Riccardo Pozzoli, che ama definirsi “startupper seriale”, genio creatore di The Blonde Salad, hanno raccontato il tentativo di portare il cosiddetto startup mindset e la relativa flessibilità e freschezza all’interno di UNICEF, mastodontica organizzazione da 6 miliardi l’anno.
“Aiutatemi a raccontare UNICEF in modo diverso” questa è la richiesta di Elisabetta che ha trovato risposta tra giovanissimi imprenditori appartenenti agli ambiti più disparati: dalla moda al food e al brokerage di yatch, che hanno contribuito a creare un nuovo storytelling per l’organizzazione, partendo dai social network. Il tema della campagna che verrà lanciata a dicembre sarà la Fear of Missing Out, detta FOMO, cioè quella forma di ansia sociale che porta a rimanere continuamente aggiornati sulle attività dei propri contatti, soprattutto attraverso i social, per paura di essere altrimenti esclusi. Il video al centro della comunicazione di Next Gen sarà composto da brevi pills in cui alcuni ragazzi libanesi racconteranno il loro timore di rimanere tagliati fuori.
I social network diventano, quindi, una piattaforma per sensibilizzare e ingaggiare i ragazzi, creando una community a sostegno del progetto “Innovation Labs” in Libano, che garantisce una formazione professionale a adolescenti siriani, palestinesi e libanesi per sollecitare il loro spirito imprenditoriale, favorendo l’integrazione sociale nel primo Paese al mondo per numero di rifugiati pro capite, dove 1 persona su 6 è un rifugiato, e che negli ultimi anni ha visto raddoppiare il proprio tasso di disoccupazione.
Next Gen si discosta radicalmente dalle tipiche immagini compassionevoli di UNICEF, avviando una nuova strada per la comunicazione non profit, non giocata sul senso di colpa, ma a sostegno dell’empowerment giovanile, che diventa un originale contenuto social, riuscendo, in questo modo, ad avvicinare teenager di mondi diversi.
Quindi stay tuned e seguite Next Gen per scoprire le storie di tutti i ragazzi del Libano!
Silvia Redaelli