LA COMUNICAZIONE MUSEALE: IL MUSEO EGIZIO COME CASO DI BEST PRACTICE 

Oggi il Museo Egizio di Torino è il secondo al modo dopo il Cairo ed il più antico museo egizio al mondo. Dal 2010, sotto la guida del neo direttore Christian Greco, inizia un processo di rinnovamento e trasformazione.

Questo processo non riguarda solamente gli aspetti strutturali e di allestimento, investe anche la dimensione identitaria, effettua una transizione da museo antiquario, di gusto ottocentesco, a polo archeologico contemporaneo.

Durante il restyling, durato ben cinque anni, lo spazio non è mai stato completamente chiuso al pubblico. Questa scelta viene espressa anche attraverso la comunicazione che sceglie come punto saliente della strategia un messaggio ben preciso da comunicare al pubblico: «l’Egizio è sempre aperto».

Nella campagna di avvicinamento al Nuovo Egizio la strategia adottata è quella di sfruttare l’attesa come evento. Per invitare il pubblico alla riscoperta dei tesori egizi in piazza San Carlo a Torino è stata installata un’imponente clessidra che scandisce il tempo mancante all’inaugurazione: nel corso dei mesi la clessidra ha rivelato uno dei reperti presenti nella collezione. E’ stata inoltre montata una teca interattiva dotata di un dispositivo robotizzato attraverso cui le persone, soffiandoci all’interno, hanno potuto immedesimarsi nei panni di un archeologo. Non solo cittadini e turisti sono stati coinvolti in questa esperienza, anche sul web il mondo intero ha potuto partecipare alla riscoperta del nuovo Museo Egizio soffiando da remoto nel microfono delle proprie cuffie attivando il meccanismo robotico.

Il rinnovamento è ben visibile anche dal nuovo logo, ridisegnato come una sorta di graffio estratto dal geroglifico simbolo dell’acqua e che sta a indicare un legame tra il fiume Nilo e il fiume Po. A questo elemento grafico è stato accostato il nome “Museo Egizio” in font Bodoni – font storico con cui è nato il museo –  che rappresenta un valore di continuità tra passato e presente.

La presentazione del Nuovo Egizio dunque coincide con la creazione della sua brand identity e con la nuova consapevolezza del valore del marchio. Da questa prospettiva deriva la scelta di non tradurre più il nome del Museo Egizio in altre lingue ma di conservare l’identità italiana del brand, poichè anch’esso fa parte del patrimonio del museo e in quanto tale deve essere custodito.

Nei musei di collezioni permanenti si riscontra una scarsa attività di comunicazione e spesso ciò contribuisce a creare, nell’immaginario collettivo, l’idea di museo come soggetto statico. In questa prospettiva è importate osservare come sia emerso un forte paradosso: il patrimonio culturale è un bene di tutti ma viene percepito come esclusivo.

L’obiettivo della comunicazione museale è quello di incentivare e stimolare i consumi culturali, in particolare il Museo Egizio ha scelto di uscire dalla staticità e di mostrarsi come un soggetto animato. In che modo? Sfruttando la potenza coinvolgente degli eventi. Vengono infatti organizzati svariate tipologie di eventi: da quelli privati, agli spettacoli teatrali, alle attività di inclusione sociale.
In queste occasioni al pubblico non viene richiesto di comprendere nella sua interezza il patrimonio archeologico presente nello spazio espositivo, ma semplicemente si invitano i partecipanti alla socialità e al “godere il bello del luogo”.

Oltre ai tradizionali canali di comunicazione, come i quotidiani, il circuito di edicole e gli spazi della città, il Museo Egizio è presente su Facebook, Instagram, Twitter e Linkedin. Prima del rinnovamento, la comunicazione digital, era gestita in outsourching successivamente è stata internalizzata: il management interno consente una maggior cura e personalizzazione del contenuto, per questa ragione il team di comunicazione digital è composto da due esperte di comunicazione e da un’egittologa proprio perché la comunicazione non può prescindere dal contenuto.

Nella comunicazione museale sono fondamentali conoscenze trasversali, perciò la collaborazione tra saperi e competenze differenti risulta necessaria per una buona comunicazione e per la qualità del contenuto.

Sara Merisio