TRA DANZA E PERFORMANCE: LA MAGIA DI ANNAMARIA AJMONE

La sala Napoleonica dell’Accademia di Brera è un contesto decisamente suggestivo per la danza non tradizionale di Annamaria Ajmone, danzatrice e coreografa, che sabato 27 Ottobre vi ha performato immersa nella classicità delle sue mura.

Annamaria è una laureata in lettere moderne presso l’Università statale di Milano che quest’anno ha deciso di prendere parte al singolare festival del Danae sotto la direzione artistica di Alessandra De Santis e Attilio Nicoli Cristiani.

Ogni dettaglio della sala Napoleonica era fortemente impattante, a cominciare dalle imponenti statue, bianche e solenni, per finire alla disposizione delle sedie posizionate a triangolo.

Al centro, Annamaria a testa bassa, immobile, in attesa dell’attivazione, con l’abbigliamento scenico degli artisti, rigorosamente nero, per concentrare l’attenzione null’altro che sul corpo e il movimento, e il fisico scolpito dove ogni muscolo perfetto nella sua temporanea immobilità ricordava quelli marmorei delle statue che la circondavano all’interno della sala.

La performance inizia con lo spandersi di suoni della natura dagli altoparlanti, quasi un grido della giungla. E Annamaria si anima, o meglio, si carica proprio come un’antica macchina con l’innesco  a manovella. Fa ruotare il suo braccio con forza, come nel tentativo di volersi caricare di energia, per poi farsi trasportare dal braccio stesso, con movimenti fluidi, in una danza che ha il sapore dell’abbandono a se stessi, quasi del cedere a tutto ciò che in noi c’è di corporale, di istintivo e primordiale.

I suoi movimenti infatti ricordano a tratti quelli degli animali ma a tratti si tingono di una delicatezza tipica di un sentimento elevato di chi possiede il dono del sapere. Come quando dopo aver quasi imitato le movenze di una scimmia, eccola mimare i movimenti di una ballo di coppia dei più tradizionali dove il gentiluomo conduce con destrezza una dama.

Ed ecco nella sua danza emerge l’uomo, animale sapiente, raffinato e selvaggio allo stesso tempo.

Si potrebbe pensare che ogni spettatore abbia una posizione privilegiata all’interno di quella inconsueta disposizione, ma la verità è che tutti la hanno e non la hanno allo stesso tempo, perché Annamaria si muove nello spazio con naturalezza e grazia.

Lo spettatore rimane vigile perché è costretto a spostarsi, a dimenarsi nella sua postazione a volte, pur di seguirla con lo sguardo nei suoi percorsi immaginari all’interno della sala.

Lo sguardo di Annamaria invece è concentrato su quel disegno che vede solo lei, su quella strana architettura da lei congegnata che le fa creare linee e fili invisibili nell’aria. Eppure talvolta, sembra quasi decidere deliberatamente di incrociare lo sguardo degli spettatori, interagisce con loro, li tocca, ci si avvicina nella sua danza tanto da far sentire la sua passione e poter contare le gocce brillanti di sudore sul suo corpo.

Il suo movimento non segue sempre l’andamento della musica. A volte volutamente ci stona sopra. E la sua danza ne emerge più forte, più stridente. In un mondo che impone sempre più regole anche un ballo sopra le note è un atto di ribellione.

Poi ad un tratto si ferma. Si siede e si riposa. E guarda attorno quel pubblico spaesato che si aspetterebbe di vederla ancora in movimento. Il momento di interazione con il pubblico raggiunge qui il suo apice, perché nel suo riprendere fiato e nella sua ricerca di un contatto visivo, si riesce a toccare con mano l’intera dimensione umana di ciò a cui si sta assistendo.

Lo spettacolo di Annamaria Ajome ci ha lasciato sulla pelle un brivido di piacevole stupore. Un’esperienza autentica, che in quel tempio di arti  dell’accademia di Brera, ci ha ricordato quell’antica bellezza che difficilmente può essere condivisa con articoli, hastag o videoclip.

Francesca Solieri e Riccardo Guerra

LINK UTILI

http://www.danaefestival.com/programma/