Bocciatura dal Parlamento europeo per la nuova direttiva sul diritto d’autore e sul copyright online: una nuova discussione sull’argomento è stata programmata per settembre. Probabilmente gli articoli e i commi che avevano suscitato polemiche – la più visibile quella di Wikipedia– saranno rivisti profondamente.
La creazione di un mercato unico digitale tra i Paesi dell’Unione Europea è l’obiettivo della direttiva sul copyright: fornire basi chiare e dettagliate su cui elaborare i regolamenti nazionali e sostituire la vecchia legge sul diritto d’autore, datata 2001 e non più attuale. Di fatto, nel suo lungo iter, la direttiva ha perso di vista il suo obiettivo originario, lasciando libera interpretazione ai singoli Stati e accrescendo la confusione sul tema.
Cerchiamo di fare chiarezza con il Prof. Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione e di Diritto della comunicazione per le imprese e i media presso l’Università Cattolica.
WIKIPEDIA HA OSCURATO LE SUE PAGINE PER DUE GIORNI, IL MINISTRO SALVINI HA SUPPORTATO L’INIZIATIVA, I PIÙ RITENGONO CHE LA DIRETTIVA RISCHI DI IMBAVAGLIARE LA LIBERTÀ DI TUTTI E DAL PARLAMENTO EUROPEO È ARRIVATO UN NO SECCO. COSA NE PENSA PROFESSORE?
Giusta la bocciatura del Parlamento europeo, l’argomento è sacrosanto e il copyright va difeso senza dubbio, ma la direttiva così com’è apriva a troppi rischi sia per la libertà d’informazione sia per la pluralità di pensiero. Il rischio di lasciare a poche mani la scelta dei contenuti da mandare in Rete era troppo elevato: è necessario ripensare la direttiva in un’ottica diversa, lontana dal controllo preventivo dei contenuti da pubblicare online.
LA DIRETTIVA AVEVA PERSO IL SUO OBIETTIVO ORIGINARIO DI ARMONIZZARE LE LEGGI SUL COPYRIGHT E LASCIAVA AMPI MARGINI DI FLESSIBILITÀ AI SINGOLI PAESI: IL RISCHIO CONFUSIONE ERA DIETRO L’ANGOLO. COME DOVREBBE COMPORTARSI L’ITALIA?
In effetti una revisione della norma per renderla più chiara, specifica e di facile applicazione era indispensabile. Al contrario dei regolamenti che sono uniformi in tutta Europa e quindi uguali per tutti, le direttive sono strumenti flessibili che vengono recepiti e applicati nel diritto nazionale. Dalla data dell’approvazione della direttiva, ogni Stato avrà due anni di tempo per scegliere le modalità di applicazione e potrà discostarsi su alcuni punti. Di Maio – Ministro con delega alle Comunicazioni, ndr – ha puntato i piedi e ha detto che in Italia faremo le nostre valutazioni quando dovremo approvare la legge di recepimento. Dal canto suo, l’Italia potrebbe istituire un tavolo permanente di consultazione che riunisca giornalisti, provider, motori di ricerca, editori e tutte le parti toccate dalla direttiva per trovare soluzioni imparziali e disinteressate.
IL PARLAMENTO EUROPEO SI OCCUPA DI QUESTO TEMA DAL 2016 E HA DATO FORMA A UNA DIRETTIVA COMPLESSA CHE CONTA OLTRE TRENTA PAGINE, LA QUERELLE PERÒ VERTE SOLO SUGLI ARTICOLI 11 E 13.
L’articolo 11 riguarda la pubblicazione in Rete di link o snippet, quel riassunto di due righe che accompagna il link per attirare i clic degli utenti: chiunque vorrà farlo dovrà essere autorizzato dall’editore e pagare i diritti. Il rischio è quello di agevolare i soliti noti, quelli che fanno informazione con condizionamenti extraeditoriali: questi verrebbero premiati a danno degli editori più piccoli e liberi. L’articolo 13 invece riguarda il diritto d’autore e la pubblicazione delle opere artistiche sulle piattaforme. In tal senso la direttiva prefigura un eccesso: prima di pubblicare un contenuto sui social, questo dovrà essere valutato preventivamente attraverso tecnologie. E un controllo preventivo dei contenuti accrescerebbe il pericolo di distorsione del sistema informativo.
Mirko Olivieri