BLACK MIRROR. LA DENUNCIA DI UNA SOCIETÀ MALATA

Fino a che punto la nostra vita potrà essere influenzata dalla tecnologia? Black Mirror, serie tv di produzione Netflix, cerca di rispondere a questa domanda. Ma attenzione, le risposte potrebbero non piacervi.

Viviamo nell’era dell’individualità connessa, risultato di quei processi evolutivi che hanno innalzato mobilità e interconnessione ad una vera e propria filosofia di vita. In questo contesto la rapida diffusione delle piattaforme digitali è espressione dei forti cambiamenti che caratterizzano la nostra realtà; cambiamenti che interessano contemporaneamente la sfera tecnologica, produttiva e sociale.

Alcune incertezze tuttavia accompagnano questi processi evolutivi, scaturite dalla paura che in un giorno – non troppo lontano – queste innovazioni possano sfuggire dal nostro controllo. Dove ci porterà l’evoluzione? Fino a che punto la vita degli individui potrà essere influenzata dalla tecnologia? Black Mirror, serie televisiva britannica e in onda in Italia dal 10 ottobre 2012, cerca di rispondere a questi quesiti.

Descrivere sinteticamente questa serie televisiva è un compito difficile.  Trattandosi di una serie antologica: ogni episodio presenta personaggi, trama e scenari diversi. Non si è in presenza di un racconto lineare, ma di una pluralità di episodi sconnessi, ognuno correlato ad una situazione del mondo attuale o di un immediato futuro, dove una nuova tecnologia distorce e destabilizza la vita di tutta la società. Vengono così delineati sconvolgenti degenerazioni sociali, estremizzazioni di fenomeni già presenti nella realtà contemporanea, che sottolineano il nostro rapporto paranoico e malato con la tecnologia.

L’aspetto che più caratterizza il successo di questa serie è senza dubbio la sconcertante attualità dei temi trattati. “Chi mi segue chiami aiuto!”: a scriverlo è stato un critico d’arte che, nella notte tra il 22 ed il 23 Ottobre, ha filmato in diretta Facebook la morte di un ragazzo di Riccione – vittima di un incedente stradale in scooter. Questo fatto raccapricciante è sfortunatamente uno tra i tanti, a dimostrazione che la società dipinta da questa serie non sia una semplice riproduzione satirica del nostro modo di vivere. Un allarme quindi che vuole riportare l’attenzione sul ruolo del mondo digitale nella nostra vita e sui suoi effetti diretti nel condizionare il nostro modo di pensare e agire. Un grido di denuncia rivolto alla società contemporanea, che fa emergere una realtà apatica e disumana. Questo prodotto, proprio per i suoi contenuti impressionanti, va contro qualsiasi principio di moralità, ribaltando il concetto di politically correct.

Realizzazione impeccabile dal punto di vista tecnico, dove effetti speciali e set si fondo perfettamente, donando al contesto una credibilità molto difficile da scardinare. Lontano dal concetto di “intrattenimento frivolo”, questa serie è un esperimento che sradica lo spettatore dalla sua comfort zone, suscitando emozioni forti e pensieri profondi. Al termine di ogni episodio un brivido di gelo vi salirà lungo la spina dorsale, seguito da un attimo di scioccante riflessione su noi stessi, so ciò che siamo e su cosa potremmo diventare.

La nuova serie è di fatto la seconda metà dei dodici episodi che erano stati annunciati nel 2015 da Netflix, sei dei quali erano già usciti nell’ottobre del 2016. Sebbene sappiamo che il 25 agosto di quest’anno all’International Television Festival di Edimburgo la società ha confermato le sei nuove puntate, la data ufficiale di uscita è ancora un mistero. E ora? Ci rimane solo da aspettare, pregando che nessun altro episodio della serie diventi mai realtà.

Viviamo in un mondo meraviglioso, siamo sicuri di volerlo cambiare?

Riccardo Guerra