MARIO APOLLONIO E IL PICCOLO TEATRO DI MILANO. Un’occasione per ricordare

 Un passaggio di testimonianza” questo è stato il tema portante della presentazione del libro “Mario Apollonio e il Piccolo teatro di Milano”, a cura di Stefano Locatelli  e Paola Provenzano , che si è tenuta Giovedì 9 Marzo nel chiostro Nina Vinchi del Piccolo Teatro Grassi. La serata ha avuto come protagonista la memoria, sia delle origini del Piccolo Teatro, di cui si celebravano i 70 anni dalla nascita; sia della celebre figura di Mario Apollonio, italianista, storico del teatro e dantista.

L’evento è stato animato dagli interventi di docenti e studiosi, che hanno commentato il libro leggendolo attraverso le categorie della propria materia di interesse. Ognuno ha portato il suo punto di vista, la sua lettura dei fatti e dei documenti riportati nell’opera, cosa che ha reso molto interessante e dinamica la presentazione, tenendo alta l’attenzione del pubblico fino alla fine.

Il libro è la testimonianza del ruolo fondamentale che ha svolto Apollonio nella fondazione del Piccolo, sebbene questo suo grande contributo sia stato rimosso dalla storia, anche da questo dato si capisce l’importanza di quest’opera, che colma un grande vuoto storiografico. Tutto ciò è documentato negli scritti presenti nel testo, grazie all’enorme lavoro dei due curatori con la collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, del Centro di ricerca CIT “Mario Apollonio”, Università Cattolica di Milano, del Centro di Ricerca Letteratura e Cultura d’Italia, Unita Università Cattolica di Milano e del Piccolo Teatro, che hanno messo a disposizione i loro archivi. Di grande interesse è l’inedita edizione critica della famosa “Lettera programmatica per il Piccolo Teatro” ritrovata tra le carte dello scrittore.

Apollonio, come ha ricordato Giuseppe Langella (Direttore del centro di ricerca “Letteratura e cultura dell’Italia Unita, Università Cattolica di Milano), è stato un personaggio molto ammirato e versatile, un vero e proprio archetipo per tutti i settori dell’Università Cattolica, dove egli esercitava i suoi insegnamenti.  Dal libro emerge anche che, oltre ad essere stato un professore di grande fama, Apollonio fu un personaggio molto discusso, poiché in disaccordo con molti  per la sua visione della politica, della cultura e del teatro. Come ha spiegato il curatore Locatelli, Apollonio divergeva dai membri della commissione direttiva in particolar modo da Grassi sia per scelte tecniche inerenti al teatro, sia per scelte politiche. Inoltre non era in buoni rapporti con Padre Gemelli per la sua visione pluralista della società e per le sue idee considerate sinistroidi. Nel suo intervento Agostino Giovagnoli (Ordinario di Storia contemporanea, Università Cattolica di Milano)  ha sottolineato come le due componenti teatrale e culturale si intreccino sempre con le idee politiche e anche in questo caso è stato inevitabile. Il libro racconta proprio tutto questo: la diversa visione di teatro come “servizio pubblico” di Grassi e Apollonio, l’idea del ruolo che secondo Apollonio l’attore doveva avere, ovvero come rappresentante di una coralità, e la discussione in atto tra teatro di regia e di platea; ma anche come ha evidenziato Giovagnoli come queste dispute, che apparentemente si erano concentrate solo sull’ambito teatrale, siano state espressione di visioni della società e della politica differenti. In questo periodo il teatro fu considerato nella sua funzione sociale ovvero un mezzo fondamentale per ricostruire il Paese.

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Infatti i documenti raccolti nel libro si rifanno al periodo del secondo dopoguerra, sicuramente un momento storico particolare nel quale si cercava di riequilibrare i rapporti sociali. In seguito agli stravolgimenti causati dal fascismo, diventava importante capire quale fosse il nuovo rapporto tra èlite e società di massa. Apollonio aveva un’idea ben precisa: l’intellettuale doveva farsi portavoce del popolo e quindi traduceva questa sua idea nel teatro, conferendo all’attore il ruolo di rappresentante delle masse. Come ha evidenziato il professor Lorenzo Mango, secondo Apollonio il pubblico in sala doveva essere coinvolto dall’attore, sensibilizzato a fare la sua parte e prendersi le proprie responsabilità morali. Mango ha citato la Lettera Programmatica del ‘47  (contenuta nel testo) per rappresentare al meglio la visione di Apollonio, nella quale quest’ultimo dichiarava che il pubblico doveva essere il luogo di sintesi del teatro.

La forza del libro è proprio questa: riesce a testimoniare il pensiero di un personaggio che ha fatto la storia del teatro e della città di Milano e nello stesso tempo racconta di un Teatro che stava per nascere. Come ha evidenziato Mango quest’opera parla di fasi generative: del Piccolo, della visione teatrale di Apollonio, della cultura italiana del dopoguerra. È una vera e propria raccolta di documenti che rimettono in discussione elementi storici e riempiono vuoti storiografici importanti.

Un’opera di grande interesse che ci permette di scoprire le diverse anime di un autore e di conoscere gli scambi epistolari, le dispute, le idee di personaggi che hanno fatto la storia.

Il testo presentato si prospetta una lettura per niente banale, interessante e ricca.

Non mi resta che consigliarvi vivamente di acquistare il libro! Buona lettura!

Marta Michelis