C.I.A.P.A. di Roma, ACT MULTIMEDIA di Cinecittà e poi “Un medico in famiglia”, “I Cesaroni” fino ad un provino in coppola e pantaloncini per “Squadra Antimafia”. Marco Mandarà, studente del primo anno di CIMO e attore racconta: <<Lavorare in televisione è avvenente, ma non sotto tutti i punti di vista>>.
Siciliano, moro, occhi scuri, barba curata e con una parlantina sciolta, sono queste le prime caratteristiche che saltano all’occhio di Marco Mandarà, ragazzo dal passato da ascoltare.

Marco Mandarà
Tanto per cominciare, Marco ha una predilezione per la recitazione e per svilupparla, ha frequentato ben due accademie di comunicazione per quattro anni , il C.I.A.P.A a Roma e l’ “ACT MULTIMEDIA” di Cinecittà, ha partecipato al festival “Thèatre Scolaire Francophone” e infine ha passato anni e anni al Teatro 9 della capitale.
Marco racconta :«La mia passione per la figura dell’attore nasce, quando in prima liceo, la mia insegnante di francese, ci mise a conoscenza di un contest, per cui io e i miei compagni presi dall’entusiasmo decidemmo di impegnarci nella realizzazione di uno spettacolo teatrale e, passato l’intero anno con il copione in mano, partecipammo e vincemmo. Questo anche il secondo anno e il terzo. Vincere quei concorsi mi ha portato ad intraprendere la strada da star».
Per anni, il giovane interprete non si è limitato a recitare nei teatri, ma ha cercato strade diverse. Arrivano Rai Fiction e Publispei. «Ho fatto da co-protagonista per la fiction “Il prefetto di ferro”, da comparsa in un “Un medico in Famiglia” e ho fatto da figurante in “I Cesaroni“. –racconta Marco- Lavorare in televisione è sempre stata una mia grande aspirazione, è attraente, avvenente, ma non sotto tutti i punti di vista»

Marco in “Il marchese del grillo” a Roma
A questo proposito, Marco decide di approfondire la abissale differenza tra mondo del teatro e mondo della tv. «Ho recitato, dormito, per fino vissuto in diversi teatri d’Italia, quello che mi ha colpito di più è l’aria che respiro quando sono dentro. –spiega il giovane attore- Ti senti sommerso da un’energia che non ti dà solo la possibilità di stare al centro dell’attenzione, sotto le luci di scena, ma la capacità di interagire con lo spettatore. Quello che mi interessa, infatti, è comunicare, entrare in empatia con la platea, istaurare un’ unione tale da permettermi di avere il coraggio di emozionarmi quando recito». L’attore che prova e dona emozioni.
Ma la vera recitazione, la vera arte, quella che ti strappa qualche lacrime e qualche batticuore, per Marco, è solo in teatro. «L’universo della televisione non ha niente a che vedere con il teatro e non ha niente a che vedere con il vero, recitare davanti a una macchina da presa significa non essere se stessi. –commenta Marco- Mi sono reso conto a 22 anni che per far carriera, dovevo plasmarmi in un sistema che non condividevo e non mi interessava».
La televisione palcoscenico dell’alienazione e dell’uniformazione. Questo si sa, nel mondo della TV bisogna adattarsi e perdere la propria personalità, quello che interessa al regista non è Marco Mandarà, ma il blockbuster di turno da lanciare sul mercato.

Marco in una scena de “Il prefetto di ferro”
Tuttavia sul set non mancano piccoli episodi divertenti e innocenti gaffe, mai. <<Era una giornata di provini per una parte di “Squadra antimafia” e io, ignaro di come ci si veste per i provini, mi presento con un paio di pantaloni in flanella, una coppola, la barba incolta e tanta sicurezza, insomma ero calato nel tipico paesano siciliano, volevo a tutti costi quella parte tanto che il mio portamento ha colpito tutti, uscito dallo studio di Cinecittà ragazze e ragazze mi sono saltati addosso chiedendomi l’autografo. –ricorda con un sorriso Marco- Io con indifferenza ho firmato dozzine e dozzine di dediche». Il divo non aveva ancora ottenuto la parte ma era già famoso.
Dai set delle fiction televisive, all’Università Cattolica di Milano, dopo l’abbandono dell’universo televisivo Marco ha imboccato una strada tutta e sua e un po’ speciale.
Studia a CIMO, ha un’agenzia di animazione tutta sua, lavora con i bambini e gli animali, il suo forte è far divertire il pubblico con le bolle di sapone. «Una bolla di sapone è di breve durata, è facile da fare ma difficile da capire, proprio come la vita, è per questo che ho deciso di mollare il mondo dei cinema e TV e dedicarmi solo agli affetti a me cari, alla carriera accademica ma soprattutto ho deciso di rafforzare la mia identità» conclude l’artista.
Proprio come sul palcoscenico, così nella vita, ciò che realmente conta è l’aria che si respira, l’empatia che trasmettono le persone amate e l’affetto che il pubblico (mamma, papà, nonni e chi più ne ha più ne metta) regalano. Questo è il dono più grande che il vortice, a volte delirante, dello spettacolo ha fatto a Marco, la consapevolezza dei tesori della vita.
CIMOreporter – Ginevra Rossi