“Stay hungry, stay foolish” una citazione che racconta un’epoca, un’epoca segnata dai prodotti Apple e dalla genialità del suo inventore.
Di grande fascino ed eleganza, capaci di conquistare tutti, al di là di ogni disponibilità economica o ceto di appartenenza: tutti conosciamo Apple e, in particolare, il suo prodotto di punta, l’IPhone.
Più di un semplice telefonino, ha fatto sognare i compratori fin dalle sue prime versioni, perché si distingueva dalla massa per alcune caratteristiche sempre un passo avanti agli altri: una maggiore memoria interna, un display con una risoluzione più alta, connessione a internet più veloce, un sistema a sé, diverso da Android, una fotocamera doppia, tripla e via via più simile a una reflex, la possibilità di fare le videochiamate con FaceTime (molto prima della pandemia).
Dal 2007 ormai, tutti aspettano con fremito l’annuale presentazione dei prodotti in uscita ma, come ben sappiamo, non è tutto oro quel che luccica.
Non sono poche le accuse mosse alla multinazionale americana, soprattutto per quanto riguarda la longevità dei prodotti. Spesso collegato a questo caso, si parla di obsolescenza programmata: per obsolescenza si intende quel fenomeno che porta alla perdita di valore di un prodotto o alla sua entrata in disuso, a causa dell’usura o della presenza di competitor migliori sul mercato.
È da quando siamo bambini che assistiamo a processi di questo tipo: dall’abbandono di giocattoli all’utilizzo di quelli “da grandi” (smartphone, PC, auto e via dicendo). La parola “crescere” porta con sé il concetto di obsolescenza, ma nel rispetto dei tempi e del ciclo vitale di un prodotto.
Tornando a Apple, il colosso americano è stato più volte accusato di aver messo in atto pratiche di obsolescenza programmata, ingannando i suoi consumatori.
Basti pensare alla durata media di un Iphone, generalmente non supera i 5 anni. Questo perché, innanzitutto, i nuovi prodotti hanno un grandissimo appealing sui clienti, che si convincono della netta superiorità dei nuovi e si attivano prontamente per comprarli.
Inoltre, Apple stessa crea degli aggiornamenti molto più adatti alle versioni nuove dei telefoni, tablet e computer, al punto da rallentare così tanto le versioni precedenti, finché non funzionano più ed è necessario cambiare.
Ci si trova davanti a una scelta obbligata e a un caso di obsolescenza programmata, perché è l’azienda stessa che veicola l’esaurimento del ciclo vitale dei propri beni, forzando i consumatori ad acquistare le ultime innovazioni.
A seguito delle sanzioni e delle multe che la società di Steve Jobs ha dovuto pagare, negli ultimi anni si è nettamente ridimensionata, puntando più sulla forza del suo appealing che su infide strategie.
Se nelle società moderne, l’esigenza di accelerata sostituzione di beni tecnologici è sempre più presente, di contro si sta sviluppando un altro fenomeno, il vintage, che vuole dare una nuova vita a prodotti ormai in disuso e appartenenti al passato. Anche se la chiave per far coesistere il “vintage tecnologico” non è stata ancora trovata, l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità forse potranno dare la giusta spinta in quella direzione.
Carlotta Di Pasquale