Il marketing è una disciplina al servizio dei consumatori e dei loro bisogni, ma sfortunatamente esistono delle forme illecite e disoneste che gli danno una cattiva nomea. Un esempio di ciò è l’ambush marketing.
Con questa pratica si intende il tentativo di associare ad un grande evento mediatico (di solito sportivo) un brand per ottenere, in modo illecito e parassitario, visibilità a suo discapito. Tutto ciò avviene senza che l’azienda diventi uno sponsor dell’evento, andando così a evitare tutti i costi necessari per avere un collegamento ufficiale.
È una trappola ai danni dei potenziali clienti: infatti, il termine ambush marketing deriva dal verbo inglese “to ambush”, che significa proprio fare un’imboscata. L’ambusher interferisce tramite un’azione di disturbo nei confronti del reale sponsor (solitamente un suo concorrente diretto), andando a oscurare la sua risonanza mediatica e a convincere il pubblico di essere collegato all’evento.
L’ambush marketing non è una novità: uno dei casi più noti avvenne durante le Olimpiadi del 1996. In questa occasione Reebok era lo sponsor tecnico ufficiale dell’evento, ma Nike riuscì a prendersi tutta la visibilità fornendo le scarpe sportive a Ben Johnson, atleta che vinse due ori olimpici e poi scattò la foto con le medaglie indossando le scarpette Nike.
Considerando il danno che questo tipo di iniziative possono provocare, non è sorprendente che oggi ci siano delle norme volte a contrastarle e a punirle. In Italia il decreto-legge n.6 dell’11 marzo 2020, la cosiddetta “legge olimpica”, prevede sanzioni dai 100.000 euro fino ai 2,5 milioni di euro.
Per la prima volta quest’anno l’Agcm (Autorità garante della Concorrenza e del Mercato) ha ritenuto parassitaria una pratica pubblicitaria, avvenuta durante gli Europei di calcio 2021, e di conseguenza ha sanzionato la società tedesca Zalando. L’azienda e-commerce aveva affisso un manifesto contenente maglia da calcio con il suo logo, che riportava i colori in forma delle bandiere dei 24 Paesi partecipanti ad Euro 2020, accompagnata dal messaggio “chi sarà il vincitore?”. L’Agcm ha perciò ritenuto che il manifesto suggerisse, traendo in errore il pubblico, che Zalando fosse tra gli sponsor ufficiali dell’evento.
I pubblicitari ora sono avvisati: è necessaria una certa cautela negli accostamenti d’immagine per evitare onerose sanzioni ma, al di là delle conseguenze legali, è necessario considerare i possibili danni reputazionali e l’eventuale perdita di fiducia da parte dei propri clienti. Dopotutto, il mondo del marketing offre infinite strategie e possibilità quando si tratta di emergere rispetto alla concorrenza, quindi non vi è alcuna necessità di mettere in atto pratiche disoneste come l’ambush marketing.
Camilla Ilva Ferrari