DATA STORYTELLING: IL PROGRAMMA SOCIAL BULLETS

Il mondo è caos, e l’uomo lo categorizza attraverso il linguaggio. Negli ultimi anni si è affermata in modo univoco la dicitura data storytelling: un prodotto è definibile come “storia di dati” se è composto da una serie di rappresentazioni grafiche che supportano messaggi intenzionali e da testi che servono a veicolare meglio la storia.

Queste parti devono essere veicolate con un ordine che non sia casuale ma che abbia lo scopo di realizzare al meglio l’obiettivo comunicativo. Il data storytelling costituisce una sottosezione che intende valorizzare i prodotti di comunicazione che fanno uso creativo dei dati.

Per comprendere appieno cosa si intende quando si parla di data storytelling, vediamo un prodotto che nel 2021 ha ricevuto una menzione nell’ambito della sezione data storytelling dei Cannes Lions. Assumere gli award come punto di vista dal quale osservare il fenomeno consente di scoprire data stories fortemente innovative, anche se spesso poco fruibili da parte di un pubblico di massa, e contemporaneamente di mettere a fuoco trend nascenti nell’utilizzo del genere e di monitorare l’uso che ne stanno facendo i top player del settore.

Il prodotto che prendiamo come esempio è un progetto che è stato creato per far fronte al bullismo, finanziato da una fondazione promossa dai genitori di un ragazzo che si è suicidato per questo motivo.

Con la crescente diffusione e i pericoli del cyberbullismo, Stand for the Silent ha sviluppato il programma Social Bullets come mezzo per educare, intervenire e prevenire: il sito web, la guida e il video messo a disposizione sulla piattaforma sono un utile strumento per genitori, giovani e altri adulti che hanno il compito di proteggere i teenager.

Lo scopo è rendere visibili i danni (devastanti) provocati da questo fenomeno: per fare ciò hanno creato un sistema di intelligenza artificiale che monitora costantemente le piattaforme social usate dagli adolescenti e identifica i post che contengono giudizi offensivi o violenti. Da questa analisi, ogni volta che il contatore raggiunge il numero 233 viene sparato un colpo di proiettile su uno dei 4 post esposti.

Ciascuno dei post rappresenta una delle 4 forme più comuni di cyberbullismo: Culture Shaming, Body Shaming, Slut-Shaming e Grade Shaming.

Questi colpi corrispondono, nella realtà, a un tentativo di suicido tra gli adolescenti, perché, secondo una ricerca, in media ogni 233 insulti o giudizi negativi c’è un tentativo di suicidio.

Con rappresentazioni grafiche delle crudeli ferite inflitte alle giovani vittime, i poster mostrano gli effetti dannosi che il fenomeno impone al corpo, alla mente e allo spirito di chi lo subisce. Ecco, quindi, come il data storytelling può trasformare dei semplici dati in una storia che risulti più chiara, d’impatto e concreta agli occhi dello spettatore, così che egli possa trarne il massimo.

Chiara Pilati