«Non chiamatela collaborazione»: ora che la più attesa delle collezioni della moda high fashion, Fendace, è sbarcata sul pianeta terra dopo i tentativi di allunaggio durante l’ultima fashion week milanese, divenendo disponibile nei canali di distribuzione online e negli atelier selezionati delle oramai non più italianissime case di moda, è bene rispolverare quanto esternato dagli addetti stampa delle rispettive maison oltre sei mesi fa.
Può una semplice parola degradare e inficiare un lavoro a 4 mani, 4 occhi e 2 menti—volendo arbitrariamente e ingiustamente restringere ai soli Donatella Versace e Kim Jones il miracolo di questa creazione?
A quanto pare sì, ed è per questo che il diktat delle strategie di marketing e comunicazione dei rispettivi marchi milanese e romano persegue e boccia il termine “collaborazione”, che tanto fruttuosamente ha operato nel mondo della moda di questi ultimi tempi, celato, ma non troppo, dietro alla formula «A x B», che di volta in declina «Marcelo Bourlon X Fila», «Adidas X Prada», «Balenicaga X Gucci», eccetera…
Proprio The Hacker Project, com’era stata intitolata la collezione «Balenciaga x Gucci», rappresenta l’antecedente diretto con cui misurare lo scarto all’interno della strategia comunicativa del nuovo lancio di Fendi e Versace.
Quest’ultima, che era stata presentata per la sfilata Primavera-Estate del 2022, gode dell’invidiabile primato temporale che dà alle due case in questione il diritto d’arrogarsi il merito d’essere stati i primi nel mondo dell’abbigliamento di lusso a lanciare una partnership destinata a cambiare il corso dell’industria del fashion, rivendicando proprio il carattere di collaborazione che questa avventura ha assunto nel realizzarsi.
Se, dunque, non è possibile rivendicare l’originalità dell’idea, il tempismo a seguire delle altre maison rischia di far scadere in nulla più che una scopiazzatura di crossover tra grandi brand che verranno realizzati: ed è qui che interviene la strategia di differenziazione.
Ad un concept che si rivela praticamente lo stesso si sovrappone una netta distinzione sul piano formale: questo è «Fendi by Versace», «Versace by Fendi». Mica «Fendi x Versace». Perché se è vero che la commutabilità dei fattori non muta il risultato finale in un sistema logico-matematico, all’interno del sistema linguistico l’ordine ha tutt’altro valore: il primo termine ha una preminenza minore che non quello che segue, rivelando il proprio valore e la propria funzione di addendum, di attributo del secondo.
La scelta formale vuole quindi mettere ben in chiaro la pariteticità della relazione Fendi – Versace, l’indefettibilità del reciproco posizionamento, soprattutto, dimostra la transitività piena che trasferisce tutta l’identità Versace integramente nei codici stilistici Fendi e viceversa, da cui la scelta per un nome sincretico, Fendace, dallo status apparante di marchio terzo e indipendente.
Un’idea che si evince anche dalle dichiarazioni rilasciate da Donatella Versace, la quale abilmente ricama affermando che «È la prima volta nella storia della moda che due designer hanno un vero dialogo creativo che nasce dal rispetto e dall’amicizia. Questo ci ha portato a scambiarci i ruoli per creare queste due collezioni».
Giulio Montagner