SPORT, DISABILITÀ E QUOTIDIANITÀ: UNA SFIDA POSSIBILE

“La disabilità non sta nelle persone, ma nell’ambiente circostante”. Così Claudio Arrigoni, giornalista sportivo, ha stravolto il mindset dei CIMERs presenti all’incontro “Sport e inclusività: verso le prossime Olimpiadi” del 18 marzo 2022.

Incontro che è andato avanti a colpi di scena, tra le classiche domande da intervista poste dalla prof.ssa Sara Sampietro e le risposte tutt’altro che classiche del giornalista, il quale, per tutta la lezione, ci ha messi di fronte alla superficialità della nostra compassione verso persone che devono lottare, ogni giorno, in una società “inclusiva”.

Arrigoni non ha scordato di sottolineare come la cultura dell’inclusione sia in realtà molto discriminatoria: è vero che ci sono state evoluzioni in merito, dal relativamente recente riconoscimento della disabilità (con, purtroppo, le tragiche conseguenze che questo ha comportato nella Germania nazista) alla cultura della riabilitazione, che ha caratterizzato il secondo dopoguerra; tuttavia la società, sì, si propone di coinvolgere, rendere partecipi i diversamente abili, ma ricorda anche di non essere stata costruita per loro.

E così, delle scale, dei semafori non segnalati, un lavandino troppo alto, un programma senza sottotitoli… diventano degli ostacoli insuperabili.

Ma proprio qui sta il cambiamento, qui Arrigoni ci apre gli occhi e ci mostra come sia possibile passare dalla compassione all’azione: occorre essere in grado di riconoscere le diversità, apprezzarla in quanto presente in tutti noi, e trovare il modo per abbracciarla.

All’improvviso, una rampa, un lavandino più basso, diventano la normalità, e non una missione; questa rivoluzione non sarà poi destinata solo per chi ha disabilità, ma anche per le madri con i passeggini, per i bambini che vogliono lavarsi le mani… per la comunità intera.

C.A.: “Secondo me, dobbiamo fare un passo successivo rispetto al tema dell’inclusività, e creare un mondo che sia davvero per tutti.

Di questa reale inclusione lo sport si è fatto portavoce, non solo portando atleti di successo in cui adulti e bambini possono immedesimarsi e prendere come punto di riferimento per andare avanti, ma anche nel concreto, in quanto praticare attività sportiva (e questo vale per tutti, ma in particolar modo per coloro che sono affetti da disabilità) permette di ridurre le pressioni sul Servizio Sanitario Nazionale, come evidenziato da Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico.

Durante l’incontro, Arrigoni ha proiettato il video trasmesso in occasione delle Paralimpiadi di Rio del 2016, che spiega alla perfezione il parallelismo tra le sfide che gli atleti compiono durante le gare e quelle che, ogni giorno, i diversamente abili affrontano (e superano).

Ma non bisogna cadere nell’inspiration porn, quella rappresentazione iperpositiva, irraggiungibile e, in quanto tale, inutile, in cui rischia di cadere il pay-off di questo video: “We are superhumans”. Ciò che davvero serve è un’ispirazione che porti a migliorare la propria vita, guardando le azioni di qualcun altro.

Claudio conclude stravolgendoci un’ultima volta, dicendoci che “la storia NON può prescindere dalla condizione”, e ricordandoci che, se i due atleti più conosciuti erano Bolt, primo nella velocità, e Pistorius, al 15° posto tra i quattrocentisti, è per il racconto che è stato fatto del suo passato.

Ma, certamente, è anche per aver dimostrato al mondo che si possa correre (e bene) anche senza gambe.

E si può fare qualcosa per permettere a chiunque di correre, andare in giro, vivere la propria vita.

C.A.: “Io credo che lo sport paralimpico, e le Paralimpiadi in particolare, aiutino moltissimo il cambiamento sociale. Ma anche le piccole organizzazioni, i piccoli gesti cambiano la società”.

Simona Gilardoni