NOI E LA STORIA DI UN AMORE POCO ITALIANO

Noi, prodotta da Cattleya, è la trasposizione televisiva italiana dell’originale americano This Is Us, della 20th Century Fox Television, che dal 6 marzo è approdato in Rai, dividendo i sostenitori più affezionati.

In una dialettica passato-presente, Noi racconta la storia di una famiglia, quella dei Peirò, composta dalla madre Rebecca (Aurora Ruffino), il padre Pietro (Lino Guanciale), e i fantastici 3, i gemelli Caterina (Claudia Marsicano), Claudio (Dario Aita) e Daniele (Livio Kone); ognuno alla ricerca della loro personale felicità con le dovute (e tante) complicazioni che la normalità prevede.

Dalle primissime scene ci sembra di assistere ad un déjà-vu, che fa venir voglia di vedere in simultanea i due prodotti audiovisivi (l’originale e il remake) per scoprire che sì, sono indistinguibili. Tuttavia, c’è un barlume di sforzo nel raccontare un’italianità familiare passata (e presente).

Palese è il ritratto di un’Italia anni ’80, mostrata in prima battuta nella narrazione dell’incontro tra i due genitori. I colori caldi e i pantaloni a zampa lo suggeriscono, gli avvenimenti di sfondo lo palesano. Continuando, la serie si evolve su lunghi archi temporali: i colorati anni ’80; quelli della sub-cultura anni ’90; passando attraverso il 2000; fino ad arrivare alla contemporaneità. Questa logica narrativa aiuta a trascinare le vicende dei Peirò su un continuo andirivieni di eventi che distendono le peripezie dei personaggi con una tecnica che a primo impatto può confondere lo spettatore: è probabile sia complicato, infatti, per chi non è abituato a questo abile processo di raccontare tipicamente Made In The Usa, comprendere il tempo della narrazione. Nonostante ciò, non è così difficilmente percettibile quanto succederà nelle scene successive, soprattutto se si è vista la serie madre da cui Noi è tratta. In altre parole: è tutto troppo prevedibile.

Tuttavia, oltre le ambientazioni e la madrelingua, sembra mancare quel quid in più che rende tale prodotto di carattere fortemente nostrano. Sembra quasi che la foga di sottostare e non distaccarsi dalla personalità originale della serie abbia fatto dimenticare la discrasia esistente tra i due paesi: Stati Uniti e Italia. I discorsi troppo poco rivisitati e alcune scene pedissequamente ricalcate fanno apparire la serie tiepida; sempre sull’orlo di un colpo di scena a cui lo spettatore non assisterà mai, poiché manca quell’identità inedita che che la fa distaccare dall’originale.

È pur vero che se la voglia di addomesticare un prodotto audiovisivo similare è mancata – o quantomeno nelle primissime puntate questo slancio non è stato reso noto – è indubbio l’impeto della Rai ad innovarsi proponendo ai suoi spettatori scelte “originali” (sia chiaro che per originali si intende distaccate dall’universo tipicamente italiano di cui la Rai si è sempre fatta portavoce).

Noi è la storia di un amore universale, inteso in ogni sua configurazione. È la storia di un racconto interiore tormentato. Viene però qui raccontata come una storia a cui è mancato il coraggio di adeguarsi per preoccupazione di alienarsi a dismisura e non rendere giustizia alla serie madre.

Carolina Pugliese