Bangkok, Thailandia, anni ‘70. Un criminale che si spaccia per un uomo d’affari se ne va in giro indisturbato drogando i turisti, derubandoli dei loro averi e dei loro passaporti e uccidendoli in modo brutale.
Questa per sommi capi la trama della miniserie in otto puntate The Serpent co-prodotta da BBC One e Netflix e rilasciata sulla piattaforma nel mese di aprile. In un primo momento potrebbe apparire semplicemente una classica ed intrigante serie thriller non fosse che, sfortunatamente, quella che viene raccontata è una storia vera.
Sebbene infatti alcuni nomi siano stati cambiati per rispetto della privacy e i dialoghi siano necessariamente immaginati, il racconto dei fatti è piuttosto fedele alla realtà. Il Serpente è il nome con cui è stato rinominato il killer, Charles Sohbarj (interpretato da Tahar Rahim), che una cinquantina d’anni fa ha ucciso decine e decine di giovani occidentali che si trovavano a sostare nella capitale tailandese durante i loro hippie trail e che, sedotti dal suo fascino, sono caduti nelle sue grinfie.
L’attività criminale di quest’uomo non sarebbe mai stata scoperta e le vittime sarebbero rimaste senza un nome (considerando anche che la maggior parte dei cadaveri veniva ritrovata carbonizzata) se non fosse stato per la caparbietà e il lavoro instancabile di un diplomatico olandese, Hermann Knippenberg (interpretato da Billy Howle) che inizia ad indagare sulla scomparsa di una coppia di connazionali per imbattersi poi in una sequela di omicidi tutti con un modus operandi molto simile.
La vita criminale di Sohbraj ha inizio quando ancora era poco più che un ragazzino che, trasferitosi da Saigon a Parigi con la madre, inizia a fare dentro e fuori dal carcere per una serie di rapine. Dopo aver fatto ritorno nel continente asiatico e a seguito di numerosi illeciti, Charles incontra Marie-Andrée Leclerc (interpretata da Jenna Coleman), una giovane donna apparentemente alla borghesia franco-canadese che si trovava in vacanza in India. Marie decide di abbandonare la sua vita agiata per seguire l’uomo di cui si era perdutamente innamorata senza sapere quali fossero né la sua reale identità (Charles le si presenta infatti come Alain Gautier, commerciante di gemme), né il suo passato e neppure le sue “occupazioni”, diventandone a tutti gli effetti una complice inizialmente inconsapevole.
I due cominciano a viaggiare per tutta l’Asia grazie ai passaporti rubati alle vittime finché la loro permanenza nel continente non diventa pericolosa proprio per via delle indagini di Knippenberg. Gli sforzi del diplomatico olandese alla fine non si mostrano vani, e i due amanti vengono catturati, dopo un lungo periodo di fuga, a Nuova Delhi nel 1976.
Il Serpente è riuscito a trasformare anche il suo processo in qualcosa di sensazionale, in linea con la sua personalità narcisistica, alternando scioperi della fame a querele contro i suoi stessi avvocati. Dopo aver terminato di scontare la sua condanna in India, ad attenderlo ci sarebbe stato un altro mandato d’arresto in Thailandia che quasi sicuramente lo avrebbe condotto alla pena capitale. Non avendo perso le sue doti da manipolatore esperto e per poter sfuggire alla morte certa, Charles riesce ad escogitare uno stratagemma e ad evadere. Questo gli vale altri dieci anni di permanenza nel carcere indiano, esattamente come aveva sperato (nel frattempo il mandato di cattura in Thailandia era infatti caduto in prescrizione).
Una volta conclusosi il periodo in India, Charles rientra a Parigi e poi, noncurante delle conseguenze (o per sfidare la sorte), nel 1997 fa ritorno in Nepal dove è ancora ricercato per l’omicidio di una coppia avvenuto una ventina di anni prima. Nel 2003 viene arrestato a Kathmandu e viene condannato all’ergastolo. Oggi, a settantasette anni, si trova ancora nel carcere nepalese.
Una vita insomma all’insegna del rischio quella del Serpente che, pur di assecondare la sua sete di potere e il suo desiderio di vendetta verso quei figli “bianchi” della borghesia francese da cui era stato bullizzato da piccolo perché vietnamita, trascorre anni ed anni fuggendo, utilizzando falsi nomi e compiendo le peggiori atrocità.
La serie riesce a restituire perfettamente il ritratto psicologico di un uomo con un ego smisurato, di un omicida sociopatico, ma con un carisma innegabile. La descrizione attenta del protagonista non toglie comunque spazio alla profilazione degli altri personaggi, rappresentati con cura e in tutte le loro sfaccettature anche grazie alla collaborazione nella scrittura degli episodi dello stesso Knippenberg.
L’impronta dell’emittente britannica BBC è evidente soprattutto nell’accuratezza della ricostruzione delle location asiatiche (tenendo presente anche che per ragioni legate alla pandemia di Covid-19, gran parte delle riprese si è svolta nel Regno Unito) e nella realizzazione dei costumi.
Il tratto distintivo della serie è certamente il continuo utilizzo di flashback e flashforward, che portano il fruitore avanti e indietro nello spazio e nel tempo e lo costringono a prestare grande attenzione a ciò che sta accadendo per non perdersi alcun dettaglio, senza però che la comprensione risulti alla fine difficile. La visione della serie è assolutamente consigliata in lingua originale (inglese) sottotitolata poiché sono davvero frequenti le incursioni di altre lingue come il francese, il tailandese, l’olandese.
Se siete interessati ad entrare nel vivo della storia e a conoscere le sorti di tutti gli altri protagonisti, non potete assolutamente perdevi The Serpent.
Sofia Contini