IL NEW NORMAL DEGLI STUDENTI: COS’È E COSA POTREBBE DIVENTARE

New normal è una espressione molto usata in ambito socio-economico e indica un processo di trasformazione verso una realtà che si discosta da quella di stabilità che precede una crisi. La nuova normalità conduce spesso a consapevolezze e abitudini diverse, evidenziando spesso la capacità di reazione e resilienza di una comunità, di un’entità istituzionale o addirittura di un intero Paese. Ma cosa comporta l’adozione comune di un nuovo lifestyle nella vita di milioni di studenti?

All’inizio, la pandemia del Covid-19 ha rappresentato per tutti i settori dell’economia globale una brutta (e inaspettata) sorpresa. Con il passare dei mesi, la crisi ha messo a repentaglio lo stile di vita di persone, istituzioni e aziende. Tuttavia, possiamo dire che l’impatto della crisi economica è stato attenuato da fattori come la trasformazione digitale, che ha consentito a milioni di persone di continuare a studiare e lavorare anche da casa – ciò che fino a uno o due decenni fa sarebbe stato impensabile anche solo immaginare. A un anno dallo scoppio della pandemia, possiamo dire che il mondo si apre a una nuova normalità, sia nel mondo del lavoro che nel mondo dell’istruzione.

La nuova normalità – costituita da abitudini e esperienze diverse da quelle precedenti – rappresenta il paradigma di un nuovo lifestyle per un’intera generazione che ha patito – e continua a patire – le restrizioni imposte dall’alto: gli studenti.

La pandemia ha richiesto un enorme sforzo per la popolazione più giovane. Certo, si è discusso moltissimo sulla DaD, Didattica a Distanza, tra pareri decisamente discordanti e elogi alle diverse opportunità che offre. Tra tutte le piattaforme che proliferano (Zoom, Microsoft Teams, Skype e Cisco Webex sono solo alcuni esempi) e “la conoscenza retrocessa a informazione da scambiare” come scrive Colin Koopman in How we became our data: A genealogy of the informational person (2019), gli studenti di ogni ordine e grado hanno dovuto conformarsi alle scelte dei più grandi e fare un uso estenuante delle tecnologie che fino a poco tempo prima venivano usate solo per passare del tempo (il computer o lo smartphone per guardare un film, ascoltare musica e girare tra i social).

E di tutto questo che cosa abbiamo imparato? Nella formazione da remoto sono molti i limiti con cui dobbiamo convivere: l’ansia di non ritrovare più i rapporti di prima, di perdere colleghi, la paura di essere distanti, l’incertezza del futuro, per non parlare del terrore di un improvviso calo di connessione o i crush dei nostri computer (che non sono perfetti, neanche loro!) durante un esame online.

È vero, abbiamo costruito una nostra comfort zone, ci siamo rifugiati nei social network e abbiamo ritrovato una certa curiosità verso le tradizioni – fare il pane in casa, occuparsi delle piante in balcone, rispolverare dischi in vinile riposti nelle cantine – e abbiamo ripreso contatto con persone che non sentivamo da tempo.

A portare una visione più ottimistica del cambiamento c’è chi parla del Never normal, mai normale, come un’impellente necessità di muoversi e “cambiare prospettiva in continuo, per abituarci a cambiare e arricchire le nostre conoscenze e competenze. In un mondo che innova e si modifica a ritmi esponenziali”, come si legge in un articolo pubblicato dall’Harvard Business Review.

E che dire poi del Next normal, prossima normalità che emergerà nell’era post-virale, un’espressione che porta in sé un carattere dinamico rispetto alla staticità del New normal (che indica qualcosa di decisamente attuale, perché  “ciò che è nuovo oggi diventa rapidamente vecchio”, come si legge nel blog di Marcia Mogelonski, analyst di Mintel, esperta di comportamenti dei consumatori).

Una cosa è certa: la digitalizzazione oggi ha un ruolo fondamentale per il proseguimento dei nostri obiettivi. Ma una volta finita la pandemia ci sarebbe da chiedersi: continueremo a sfruttare maniacalmente la tecnologia, usando le piattaforme social, le call di gruppo, le riunioni con i professori in Teams o Zoom, oppure avremo nostalgia di un passato che non abbiamo più potuto vivere?

Alessia S. Natalino