La parola “normale” non sarà più presente sul packaging dei prodotti, siti, canali social o campagne di Unilever. Questa una delle decisioni presa dalla corporate della multinazionale sotto alla quale si annoverano brand come Dove, Vaseline e Sunsilk per portare avanti un nuovo approccio, più inclusive, al mondo del beauty e della personal care.
Ugualmente – se non più – significanti sono le nuove condizioni che hanno scelto di imporre rispetto all’editing di contenuti fotografici, che non potrà più operare per alterare digitalmente il corpo o il colore della pelle delle persone che appariranno nelle pubblicità, e al casting, che dovrà essere guidato da un forte orientamento alla diversity.
Questo ri-orientamento a livello di corporate è seguito ad una ricerca commissionata dalla stessa Unilever su 10.000 campioni di nove paesi diversi, da cui sarebbe emerso che più della metà dei consumatori si sente esclusa dal target a cui si rivolgono i brand beauty oggi, e che sette persone su dieci considerano che l’utilizzo di parole come “normale” per la promozione di questo tipo di prodotti possa creare aspettative sbagliate ed avere un effetto negativo. A questi dati, già di per sé allertanti per Unilever, si aggiunga che più della metà delle persone (e il numero tende a salire nella fascia d’età dai 18 ai 35 anni) sono più inclini ad informarsi sulla posizione dei brand rispetto a tematiche come l’inquinamento, la diversity e la tutela degli animali.
Come molte persone ai vertici della multinazionale hanno testimoniato, allinearsi alle richieste sempre più pressanti dei consumatori, i cui acquisti sono sempre più conseguenti ad una forma più profonda di allineamento anche valoriale con il brand che scelgono, è diventato essenziale per sopravvivere sul mercato e garantirsi la customer loyalty della propria audience. La nuova vision e strategy che Unilever ha lanciato prende il nome programmatico di Positive Beauty e si orientano su diverse sfere dell’agire in maniera socialmente consapevole ed iniziative di activist marketing. Oltre ad aver creato un piano dettagliato per arrivare ad essere in netto zero rispetto alle emissioni di anidride carbonica entro il 2039, il futuro di Unilever vede significative riduzioni di testing su animali e più campagne di activist marketing per prendere posizione di fronte a problematiche sociali che stanno a cuore all’azienda.
Certo Unilever non è la prima (e si spera neanche l’ultima) azienda nel mondo beauty e personal care a stabilire questo tipo di strategie: di piccoli brand, soprattutto direct-to-consumer, che si sono distinti per policies progressive e spiccata attenzione nei confronti dell’ambiente e che riescono ad avere successo, ce ne sono sempre di più. Vedere un gigante come Unilever muoversi in maniera così decisa e su così tanti fronti è, però, un segnale che c’è una forte necessità di cambiamento per tutti i player del settore e che chi non sarà in grado di farlo suo al più presto sarà quasi inevitabilmente destinato a fallire.