GOING PUBLIC: LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE AI TEMPI DI COVID-19

Lo sappiamo tutti, ed è estenuante ripeterlo: stiamo attraversando un momento difficile, unico ed estremamente incerto. Da quasi un anno le nostre vite sono state sconvolte e, volenti o nolenti, ci siamo dovuti adattare a nuovi ritmi, nuove routine, ad una nuova vita. In questo dinamismo, in cui nulla è o sarà uguale a prima, abbiamo però imparato molto: il valore di un abbraccio, della libertà, l’importanza ed il peso delle parole. Per questo, ora più che mai l’informazione, quella corretta, ha assunto un ruolo centrale. Anzi, in realtà lo ha sempre avuto, ma mai come in questo periodo ce ne siamo resi conto.

Sicuramente sono cambiati anche i nostri modi di fruirla, l’informazione: grazie alla penetrazione di Internet e dei social nella vita di ognuno di noi, siamo bombardati giorno e notte di messaggi, non tutti affidabili. Per aiutarci a discernerne il giusto dallo sbagliato, il buono dal cattivo, molte istituzioni hanno incrementato la loro attività sulle piattaforme digitali.

La comunicazione della salute ha trovato nell’emergenza Covid la spinta necessaria per entrare stabilmente nelle nostre vite. Instagram, Facebook, Twitter, YouTube, sono molteplici le piattaforme su cui reperire informazioni veritiere e validate. Tuttavia, lato istituzioni, queste piccole grandi finestre sulla cittadinanza giocano un ruolo centrale: sono validi strumenti per informazioni, stimoli e concrete call-to-action.

Basti pensare a “#indagineSierologica nuovo Coronavirus”, una vera e propria campagna di comunicazione patrocinata dal Ministero della Salute per informare e “chiamare all’azione” le 150.000 persone selezionate e convocate dall’Istat come campione rappresentativo per un’indagine sul tasso di siero-prevalenza nel nostro paese. La campagna, pubblicata il 23 maggio scorso, si è diffusa su New e Old Media: non solo infatti Facebook, Twitter, YouTube ed Instagram, ma anche opuscoli, spot radio e TV, qualsiasi mezzo per creare awareness riguardo all’iniziativa, al virus, e agli sforzi fatti dalle istituzioni stesse per combatterlo.

Ad ogni modo, guai a pensare che le call-to-action social siano indirizzate soltanto alla piccola fetta di popolazione chiamata direttamente in causa: gli outlet digitali sono preziosi mezzi per combattere la diffusione della pandemia in quanto i messaggi ivi presenti sono rivolti a tutti.

A titolo esemplificativo ci riferiamo alla campagna “#festesicure”, l’ultima per ordine cronologico apparsa sui profili ufficiali del Ministero della Salute. L’obiettivo delle pubblicazioni, dirette all’intera audience, mira infatti a sensibilizzare sul periodo appena trascorso delle feste natalizie. La campagna, ricordandoci le corrette abitudini per passare un Natale sicuro, si iscrive tra i perfetti esempi di una corretta comunicazione della salute. Le pubblicazioni sviluppate attorno a questo periodo hanno informato in maniera positiva, sensibilizzando i cittadini all’ascolto riguardo un periodo potenzialmente pericoloso viste le circostanze eccezionali in cui è stato festeggiato, senza tuttavia demonizzarlo.

Si può quindi asserire che le campagne di comunicazione in analisi, e non solo, si sviluppano attorno due principi cardine: l’importanza della prevenzione e la propagazione di messaggi positivi. Cogliendo una tendenza ormai affermata nella comunicazione della salute (anche e soprattutto nel digitale) si mira ad una comunicazione positiva, che verta su come evitare il contagio piuttosto che curarlo.

Inoltre, l’accento viene continuamente posto sull’importanza di una corretta informazione. Oggi più che mai, soprattutto durante la pandemia, le fake news che ci circondano sono diventate un’altra enorme piaga da combattere al pari di un potentissimo virus. Siamo immersi in un quotidiano flusso d’informazioni incessanti, il cosiddetto “information overload” che satura le nostre giornate e la nostra attenzione. Grazie alla presenza di shared media, come i profili ufficiali di autorità, i social durante la pandemia si sono posti come veri e propri medium, canalizzando l’informazione in hub e/o rimandando direttamente alle fonti ufficiali. Tali outlet non solo hanno il merito di portare la voce Ministeriale nei devices di milioni di italiani ma, grazie alla loro presenza e continua pubblicazione, sensibilizzano e mobilitano anche la fetta più giovane del nostro paese.

Per quanto riguarda i media tradizionali, c’è da ricordare che questi -al contrario di come molti possono pensare- non sono affatto morti: tuttavia, si auspica di sviluppare al loro interno una forma di comunicazione più accattivante e contemporanea, che riesca ad attirare mediante carta stampata o colorati led di (ormai smart) TV in modo più concreto ed efficace.

GIULIA DEI