STAR TREK, LA RIVOLUZIONE: LA SVOLTA NARRATIVA DEGLI UGC

Chi non si è mai appassionato ad un libro, ad una serie televisiva o ad un film? Si sviluppano emozioni dirompenti che, senza rendercene conto, impattano fortemente sulla nostra identità e sul nostro bisogno di appartenenza ad una comunità che, possibilmente, condivide i nostri stessi valori, abitudini, credenze ed obiettivi.

Lo sviluppo del digitale ha guidato un incremento sostanziale di questo fenomeno, ampliando le possibilità di aggregazione tra utenti attraverso piattaforme telematiche, consentendo una netta semplificazione delle comunicazioni da ogni parte del globo: queste trasformazioni hanno dato vita a vere e proprie comunità online di appassionati, le cosiddette “fandom”, le quali possono interagire tramite siti web dedicati, scambiandosi pareri, opinioni, iniziative. Gli appassionati, oltre a consumare i prodotti ufficiali creati intorno ai loro beniamini, spesso danno vita a contenuti di propria produzione, i cosiddetti “UGC- User Generated Contents”, collegati soprattutto a serie televisive di successo: così facendo, essi assumono il ruolo non più solo di fruitori di contenuti mediali ma anche di produttori di questi ultimi, diventando “Prosumers” (crasi dei termini “producer” e “consumer”).

 In altre parole, i fan, che investono una larga parte della propria vita intellettuale ed emotiva nel seguire le serie delle quali sono appassionati, spesso non si limitano a consumare i prodotti che vengono loro destinati ma ne espandono gli universi narrativi, creando loro stessi dei prodotti non ufficiali che, non di rado, possono fungere da modello per le strategie multimediali dei realizzatori di serie televisive. È in questo modo che si sviluppa quella spinta convergente di movimenti “dal basso” e “dall’alto” che pone in relazione utenti e vertici dell’industria culturale e che caratterizza soprattutto la serialità televisiva.

Uno degli universi che, per primi, ha catalizzato questi fenomeni è quello di Star Trek: il crescente interesse dei fan che chiedevano a gran voce ulteriori repliche della serie e la realizzazione di nuove avventure, indusse la Paramout a commissionare una serie a cartoni animati, altre quattro serie televisive e una dozzina di lungometraggi, trasformando così l’originale in uno dei franchise più ampi e remunerativi della storia dell’intrattenimento.

Nell’arco di questo periodo l’attività dei fan si manifestò nei modi più vari e secondo i canali resi disponibili dall’universo mediatico dell’epoca: una delle attività predilette dalla fandom di Star Trek, oltre alla raccolta e alla discussione di informazioni, si concentrò nella creazione di narrazioni non ufficiali legate, in particolare, alla serie classica tramite la realizzazione di fan fiction, dapprima sotto forma di brevi racconti e poi, con la nascita delle tecnologie digitali che hanno reso molto più accessibile la creazione e la realizzazione di contenuti interattivi, attraverso piccole webseries. Per questi motivi i prodotti creati dalle comunità di fan sono spesso all’origine di pratiche che costituiscono un prezioso serbatoio di modelli e strategie per gli stessi network istituzionali, non rappresentando i potenziali spettatori di un evento ma identificandosi in un’avanguardia che sia in grado di mantenere un rapporto privilegiato con l’industria d’appartenenza.

La generazione di questi contenuti si pone alla base di una ricerca identitaria che deriva dalla necessità dell’individuo di definire il proprio scopo esistenziale, delineando la propria posizione all’interno di una società frenetica e complessa che mira alla sola produzione e consumo di risorse: le comunità digitali offrono un’opportunità di riscatto, di coesione e di interazione ludica all’interno di una realtà gravosa, uno spazio di sfogo e di espressione del sé in innumerevoli sfaccettature differenti in modo da potersi riconoscere come individui fieri e sicuri di ciò che sono. E se questa non è libertà, non so cosa lo sia.

Martina Allegri