Mark Gatiss e Steven Moffat ci riprovano e, dopo il riuscitissimo Sherlock, decidono di portare sul piccolo schermo un altro capolavoro della letteratura: il temibile conte Dracula, nato dalla penna dello scrittore irlandese Bram Stoker.
Dracula è la miniserie a cui è spettato il compito di inaugurare questo 2020: è stata infatti trasmessa in anteprima su BBC One a partire dal 1° gennaio, poi successivamente su Netflix. Insomma, le premesse per una serie di successo non mancano di certo, dall’ispirazione letteraria iconica ai livelli qualitativi altissimi a cui i due geniali ideatori ci hanno abituati.
Per iniziare, vorrei sottolineare un’apparente ovvietà sul genere di questa miniserie: Dracula appartiene decisamente al genere horror, il che significa che è ben lontano dai vampiri romantici e francamente melensi a cui siamo stati abituati negli ultimi anni, sicuramente a causa di quei romanzi che ne hanno stravolto la natura demoniaca.
È composta da tre episodi della durata di un’ora e mezza (il che scoraggia qualsiasi intento di binge watching) e ciascuno di essi ha un’ambientazione a sé stante. D’ora in poi potreste trovare alcuni spoiler perché sì, nonostante sia una storia con decine di adattamenti, non mancano le sorprese.
Nel primo episodio, il più fedele al romanzo, ci troviamo nelle tetre nebbie dell’Est Europa di fine ‘800: uno sconvolto Jonathan Harker racconta a noi e ad un’inedita versione del cacciatore di vampiri Van Helsing la sua terrificante esperienza nel castello del famigerato e carismatico conte Dracula (interpretato da Claes Bang).
L’ambientazione cambia nel secondo episodio: ci ritroviamo sul vascello diretto a Londra, la destinazione del Conte. La trama di questo secondo atto ricorda molto quella di un poliziesco: a bordo avvengono sparizioni improvvise, con l’equipaggio che cerca di scoprire l’identità della creatura che semina il panico sulla nave. Oltre al Conte ritroviamo anche Agatha Van Helsing, che ostacola Dracula, nonostante le sue condizioni di salute siano state compromesse dal Conte stesso.
Nell’ultimo episodio, invece, ci troviamo catapultati ai giorni nostri. La tecnologia e la modernità irrompono nella vita del vampiro, che impara presto a sfruttarle a proprio vantaggio. Si sa, a Gatiss e Moffat piace parecchio adattare le narrazioni vittoriane al XXI secolo, perciò in questo capitolo troviamo numerosi riferimenti che strizzano l’occhio ai lettori del romanzo, dalle bellissime riprese dell’abbazia di Whitby ai nomi dei giovani personaggi che si inseriscono nell’intreccio.
Il Dracula del 2020 è intrigante ed ironico, sa adattarsi a diverse epoche e soprattutto ha lo straordinario potere di apprendere tutte le conoscenze della vittima designata. La sua antagonista, verso cui prova una sorta di ammirazione, è una donna che nelle sue varie incarnazioni racchiude il binomio da sempre nemico del vampiro: fede e scienza. Il finale, inaspettato e catartico, sottolinea che non esistono superstizioni e limiti imposti da altri, ma unicamente da noi stessi e dalle nostre paure.
Questa versione di Dracula mette una pietra (anzi, un paletto) sopra il tanto bramato desiderio di immortalità e risalta le angosce dell’uomo, vivo o morto che sia.
Sofia Leoni