CON IL METODO KOMINSKY LA VITA È UNO SPASSO DOPO I SETTANTA

Se avete seguito le cerimonie degli Emmy o dei Globe, avrete sentito i presentatori nominare “The Kominsky Method” e avrete notato l’attore protagonista Michael Douglas applaudire purtroppo la vittoria di qualcun altro. In italiano, la sitcom Netflix che quest’anno non ha strappato nessuna statuetta, si traduce con Il metodo Kominsky e, pur fermandosi alle nomination, è stata capace di divertire (e commuovere) in maniera davvero particolare.   

Il Metodo ha come padre Chuck Lorre, uno che di commedie se ne intende (The Big Bang Theory, solo per citare quella che ha avuto più successo), ma è piuttosto diversa dalle altre a cui ci ha abituato l’autore. Prima di tutto non è una sitcom multi-camera: nessuna risata in sottofondo, nessuna location “fissa”. E già questo è significativo perché, insieme a The Young Sheldon (spin-off di TBBT), la serie rappresenta per Lorre una scommessa, il simbolo di una rinnovata giovinezza artistica. In secondo luogo, il focus si sposta da nerd trentenni a nostalgici personaggi in età geriatrica. Semplice, diretta, ma mai scontata, Il metodo Kominsky punta dritto al cuore, svelando una realtà che ci accomuna tutti: quella della tramonto della vita.  

«Siamo passeggeri su barche che stanno lentamente affondando», rivela Sandy Kominsky (Michael Douglas) al proprio best friend Norman (Alan Arkin). Entrambi sembrano agli sgoccioli di un’esistenza fatta di successi lavorativi e benessere economico, ma condita da avvenimenti dal sapore più amaro che dolce. Sandy (dopo una breve carriera di successo hollywoodiano) gestisce, aiutato dalla figlia Mindy (Sarah Baker), una piccola scuola di recitazione, in cui divulga un metodo che porta il suo nome. Tra i suoi giovani allievi se ne nasconde una un po’ più agéLisa (Nancy Travis), con cui Sandy – più volte divorziato – è pronto a intraprendere una relazione. Norman, invece, è l’amico di una vita (nonché ex agente di Sandy): quello con cui, ritrovandosi sempre nello stesso ristorante e ordinando lo stesso cocktail, si può essere schietti e politicamente scorretti. Nonostante l’età avanzata e l’esperienza accumulatasi negli anni, nessuno dei due è pronto ad affrontare quella fastidiosa fase della vita che pone imbarazzanti, ma indubbiamente divertenti, problemi fisici e più inaspettate sfide sentimentali

L’atteggiamento con cui i due old friends sono pronti a combattere le complicazioni della terza età si dimostra spesso ingenuo, come quello di due ragazzini liceali alla scoperta del mondo. Lo scarto tra come ci immaginiamo lo stile di vita di un anziano e quello invece posto in essere da Sandy e Norman genera una notevole ilarità, anche perché è segnato da un netto rifiuto da parte dei due di accettare fino in fondo la propria età anagrafica. La consapevolezza di avvicinarsi alla fine della vita non limita di certo i loro desideri e le loro energie, anzi talvolta è una scusa per lasciarsi andare senza troppe restrizioni verso nuovi amori e pericoli. Il bilancio che però si trovano a fare a fine giornata ricorda troppo spesso i lutti dei propri cari e i rapporti irrisolti con i figli. Ma anche che il miglior antidoto per ogni male rimane la risata: la loro e anche la nostra.

Se quindi i personaggi sono anziani (anche se definire “anziani” due mostri sacri come Michael Douglas e Alan Arkin è un’eresia!), il format che delinea gli episodi non lo è per niente. Le gag sono fresche e irriverenti e spesso incentrate, differentemente dalle solite comedy con personaggi belli-giovani-e-sani, su condizioni fisiche in degradomedicinali da assumere e problemi “lì sotto”. Ma nulla sfocia mai nella mancanza di rispetto o nella volgarità, anche perché si tratta di una commedia relativamente realistica, che mostra come anche superati i settanta si possa crescere, coltivare amicizie e, in poche parole, vivere una seconda vita. Come diceva Picasso, «ci si mette del tempo a diventare giovani» e Sandy e Norman, nonché i fenomenali (ma davvero fenomenali) Douglas e Arkin, sono la dimostrazione che lo si possa essere anche a costo di indossare dentiera e pannolone.  

Non fatevi spaventare quindi da premesse che possono apparire – per usare un eufemismo – “pessimistiche”, perché vi assicuro che per ben due stagioni a dominare saranno la spensieratezza e l’ironia di due piccoli grandi uomini che trovano sempre il coraggio di guardare avanti.

Nicola Crippa